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Va aperta una stagione di sviluppo e diritti

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Sintesi della relazione congressuale di Giorgio Felici, segretario uscente della Federazione Industria della CDLS.

San Marino, 30 giugno 2004

“Siamo una forza che in questi anni è cresciuta, che si è sviluppata e capillarmente organizzata sui posti di lavoro. Oggi rappresentiamo 1.280 iscritti e abbiamo il dovere di dare forza a questi lavoratori”, esordisce così Giorgio Felici, segretario uscente della Federazione Industria della CDLS, aprendo i lavori del 10° congresso.

Protagonisti del cambiamento, recita lo slogan congressuale scelto dalla FLIA-CDLS. E ai delegati riuniti nella sala del Castello di Domagnano, Felici spiega che “abbiamo il dovere di cambiare le cose, perché così non vanno”.

Deve cambiare l’agenda della politica.
“In questo momento di straordinarietà della politica ci si sente tutti riformisti. Ma si è riformisti non perché ci si battezza tali, ma perché si devono dare risposte capaci di cogliere i problemi veri della gente”.
Invece il segretario uscente della Federindustria tratteggia un quadro preoccupante: “Diminuiscono, o sono in stallo, gli investimenti, il bilancio dello Stato è fermo al 93% di spese correnti, aumenta la Cassa Integrazione, è irrisolto il problema della doppia imposizione per i frontalieri, c’è inquietudine nel mondo del lavoro, i giovani faticano a trovare un posto di lavoro normale”.
Morale? “Adesso bisogna cambiare l’agenda politica del Paese. E’ necessario aprire un confronto sulle questione vere: sull’economia, sul mercato del lavoro, sulle pensioni, sul ruolo che il nostro Paese deve avere nella competizione con l’esterno. Occorre un nuovo patto sociale per lo sviluppo, la competitività e per il rilancio degli investimenti”.

Sulla necessità di dare vita a un “patto per lo sviluppo”, Felici snocciola alcuni numeri: i dipendenti nel settore industriale sono 6.400 di cui 2.889 frontalieri; mentre 1.850 sono i dipendenti dei settori dei servizi e delle attività finanziarie che applicano il contratto dell’industria, di cui 800 frontalieri. Negli ultimi tre anni solo il settore del legno (803 occupati) e quello chimico (1.135) hanno registrato una crescita. Stabile il settore alimentare (247 occupati) e quello meccanico (2.547); in calo i settori dell’abbigliamento (529) e poligrafico (378). In calo anche gli occupati dell’artigianato (696 di cui 360 frontalieri).

Per il sindacalista della CDLS una prima ricetta per far decollare l’economia sammarinese è agire sul versante fiscale. Anche qui le cifre parlano chiaro: i sistemi fiscali per le imprese di molti Paesi dell’Unione Europea sono più leggeri di quello del Titano. Irlanda 12,5%; Ungheria dal 9% al 16% ; Polonia dal 6% al 19%; Lettonia dal 15% al 22%; Estonia dallo zero al 15%; Lituania dal 15% al 22%; Malta dal 5% in su; San Marino 24% con abbattimenti del 70-80% per le imprese che investono e assumono. “La leva fiscale deve essere usata in maniera selettiva per attirare nuovi investimenti e aiutare le aziende che producono e che danno reale occupazione o che riconvertono le produzioni in segmenti ad alto valore aggiunto”.

Contratti e nuovi diritti.
Tra sei mesi scadono i contratti di industria e artigianato e dalla tribuna congressuale si apre, di fatto, la stagione dei rinnovi. Giorgio Felici fissa quattro punti: mantenere il potere di acquisto dei salari; sviluppare gli aspetti legati ai Congedi Parentali e ai Bisogni Familiari; potenziare le politiche contrattuali per i Lavori Atipici; impegnarci sul modello partecipativo per favorire lo sviluppo delle imprese e le garanzie per i lavoratori.
“Più attenzione ai risultati dell’impresa, più trasparenza, ma anche una maggiore fiducia nelle nostre capacità e nelle capacità dei lavoratori per collegare una parte di nuova retribuzione alla produttività e alla qualità”.
Ma i rinnovi contrattuali rappresentano l’occasione per affermare anche nuovi diritti. “Dobbiamo ritrovarci – afferma il segretario uscente – su un modello di società che punti alla crescita e ai diritti sociali delle persone che lavorano e delle persone che vivono in questo Paese. Va subito reso operativo un osservatorio sul mercato del lavoro per individuare il lavoro nero e debellare l’abusivismo negli agglomerati industriali e nei servizi, sono infatti 4000 siti industriali da controllare, a fronte di poche unità nei servizi ispettivi”.
“Va cambiata anche – aggiunge – la legge sul collocamento, riducendo gli strumenti di precarietà e consolidando il ruolo centrale e di garanzia del collocamento pubblico. Vanno quindi riformate le norme sugli ammortizzatori sociali: cassa integrazione, disoccupazione, assegni integrativi, allargando la fascia di protezione sociale ai lavoratori interinali e agli atipici”.
Restando sul fronte dei diritti, Felici punta il dito contro le differenze di trattamento previdenziale tra lavoratori pubblici e privati, ossia alla possibilità di usufruire della pensione di anzianità solo per chi lavora sotto lo Stato. “Dobbiamo rivendicare con forza un sistema pensionistico uguale per tutti i lavoratori dipendenti. Non è più giustificabile, ed è socialmente iniquo mantenere le differenze.

Serve un progetto per i frontalieri.
Sul punto rovente della doppia tassazione dei redditi frontalieri il dirigente della Federazione Industria rilancia la necessità di definire con il governo sammarinese un progetto “che renda praticabile la strada del confronto con l’Italia in termini risolutivi, con l’obiettivo di superare l’attuale doppia imposizione”. Il pressing anti-tassa non deve dunque fermarsi, ma va intensificato “E’ necessaria una pressante azione verso i parlamentari italiani perché si giunga al più presto ad una legge ordinaria complessiva che tuteli i frontalieri”.

La conclusione del segretario uscente è un appello alla concretezza. “Abbiamo costruito proposte, tante proposte: dal lavoro, all’economia, dal fisco, ai contratti, dalle protezioni sociali, alla sanità. Solo i prevenuti non vedono. E per questo che non ci chiuderemo nell’attesa paralizzante, tanto meno nella rassegnazione. Non è questo il tempo dei tatticismi, delle sottigliezze, ma dell’agire, dimostrando che il tempo delle sole parole è scaduto”.

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