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Famiglia: quando la risposta viene dal privato

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Quando si parla di politiche familiari un principio su cui tutti si trovano d’accordo è il fatto che la “famiglia è il centro della società”, è un “valore indissolubile”, un “bene comune da valorizzare”. Quando, tuttavia, si passa dalle parole ai fatti è molto più difficile trovare una corrispondenza tra questo principio ed una reale e concreta azione politica, volta ad incentivare e tutelare la famiglia e a risolverne i mille problemi causati dalla società industrializzata di oggi.

Questo almeno è quanto accade in Italia, paese paradossalmente tra i più cattolici in Europa e, allo stesso tempo, tra quelli con il tasso di natalità tra i più bassi e con politiche di conciliazione lavoro/famiglia tra le più arretrate. Si potrebbe discutere all’infinito sulle ragioni di questa scarsa attenzione della politica e, più in generale, delle istituzioni, alla famiglia e a tutto ciò che le ruota attorno (aiuti economici di vario tipo, tutela del lavoro femminile, conciliazione lavoro/vita privata, erogazione di servizi all’infanzia e agli anziani, etc.), denunciando le mille lacune e fallimenti della nostra classe dirigente, ma anche della nostra cultura. In questa occasione, però, mi piacerebbe essere meno critica e più propositiva, soffermandomi sul caso di un’impresa che è nata con l’obiettivo esplicito di risolvere molti dei problemi legati alla famiglia. Il caso in questione è la Happy child srl, un’azienda di asili nido e di servizi per l’infanzia con sede centrale a Milano, ma presente attraverso i suoi asili in franchising in molte altre parti d’Italia. Cosa ha di particolare questa azienda rispetto alle molte altre aziende di asili nido che operano sul nostro territorio? Il fatto forse di essere allo stesso tempo “momfriendly” (ovvero di considerare la maternità un elemento centrale) e “familyfriendly” (ovvero di essere un’iniziativa economica esplicitamente rivolta alla famiglia). Le due cose vengono conciliate insieme attraverso una serie di politiche rivolte al bambino, ai loro genitori e alla donna in particolare.

L’attenzione per il bambino si vede nel fatto che la Happy child dedica ogni anno ingenti risorse economiche alla formazione continua di tutte le sue educatrici, attraverso corsi specifici ed un proprio staff di pedagogiste, che approfondiscono ogni anno le metodologie di apprendimento ad hoc per i bambini dai 0 ai 3 anni utilizzate nei propri asili. Inoltre, le educatrici non vengono mai lasciate sole nella sperimentazione di nuove attività e metodologie nel proprio asilo, così come nella soluzione dei problemi legati ai propri bimbi, ma possono contare sempre sul supporto e l’aiuto delle pedagogiste che periodicamente visitano i vari asili. L’attenzione per la famiglia in generale si manifesta, invece, nella organizzazione ogni anno di almeno 3 incontri con i genitori che, con una serie di esperti affrontano le diverse problematiche del rapporto di coppia o del rapporto genitori-figli. Ovviamente, durante questi incontri, che normalmente avvengono il sabato o la domenica, le educatrici intrattengono i bimbi in modo da favorire il più possibile la partecipazione di entrambi i genitori.

Infine, la Happy Child ha deciso di valorizzare la donna, come elemento fondamentale della famiglia, scegliendo di assumere tutte dipendenti donne (attualmente 97 su 98) prevalentemente in età fertile. Non è un caso che molte di esse vadano in maternità dopo qualche anno dall’assunzione. Contrariamente a quanto accade in molte altre imprese, però, questo non rappresenta un problema per l’azienda, che ha messo a punto nel corso degli anni un sistema di sostituzione temporanea della dipendente che va in maternità e, al suo rientro a lavoro, un programma di flessibilizzazione dell’orario e di ospitalità dei suoi figli nei propri asili a condizioni vantaggiose. Insomma, certamente una realtà che pur non provenendo dal settore del no profit o dei servizi pubblici, riesce a conciliare l’obiettivo del profitto con la cura e l’attenzione al valore della famiglia, individuandone i maggiori problemi nel rapporto, spesso troppo ansioso e insicuro tra genitori e figli e nella questione, ancor più grave, della donna e della acrobatica conciliazione tra lavoro e famiglia. Cose alle quali, purtroppo, la politica e il mercato del lavoro sembrano ancora guardare troppo distrattamente.

Di: Barbara Sena

Docente di Metodologia e tecnica della ricerca sociale e Sociologia dei processi economici alla facoltà di Scienze Sociali della Università San Tommaso D’Aquino di Roma e cultore della materia presso la cattedra di etica economica dell’Università Milano-Bicocca. Tra le ultime pubblicazioni  il volume “L’agire responsabile. La responsabilità sociale d’impresa tra opportunismi e opportunità”, edito da Città Nuova, Roma, 2009.

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