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Terzo Polo: quale futuro?

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Se avessero battuto Berlusconi, l’incontro di ieri dei neo-centristi avrebbe avuto tutt’altro programma. La nascita del Terzo Polo sanzionato dalla vittoria parlamentare avrebbe attratto altri esponenti del Pdl e segnato la fine dell’egemonia del vecchio centro-destra. Invece è andata diversamente e Rutelli, Casini, Fini, Lombardo e altri, fra cui Paolo Guzzanti, si sono riuniti in uno stato di necessità. Il premier ha annunciato sia il tentativo di erodere i loro gruppi parlamentari sia di spaccarli adescando il leader dell’Udc per separarlo da Fini. Sullo sfondo la probabilità assai alta di nuove elezioni politiche.

I centristi di vecchia data e di nuovo conio si sono trovati così alle prese con una situazione inedita che ha imposto un rapido aggiustamento delle comuni strategie.
Il primo interrogativo riguarda la possibilità di aprire uno spazio reale a una nuova offerta politica. La decisione di stare assieme è impegnativa e non scontata. Infatti sia Casini che Rutelli avevano tra le mani la possibilità di partecipare all’allargamento della maggioranza. Casini in particolare è sospinto a questa scelta dalla pressione di una parte delle gerarchie cattoliche e forse dal mondo imprenditoriale di riferimento. Il leader dell’Udc, tuttavia, ha resistito a queste suggestioni convinto di aver più possibilità di manovra da una politica delle mani libere, dal prezzo troppo alto di una alleanza inevitabilmente subalterna con Berlusconi e soprattutto con Bossi, dalla possibilità di strappare al centro-sinistra una nomination che molti gli offrono.

Fini aveva davanti a sé la scelta o di andare da solo al nuovo scontro con il vecchio centro-destra, rischiando sia la perdita di altri parlamentari sia un cattivo risultato in caso di elezioni anticipate, oppure di collocare la sua “destra” in un raggruppamento politico centrista. Questa opzione, fin dai tempi dell’asse con Mario Segni, fa parte delle possibilità che il presidente della Camera ha valutato come probabile sbocco della sua vicenda politica ma questa volta dovrà recidere tutti i legami con il suo vecchio mondo. Per Rutelli la strada è obbligata visto che la sua micro-scissione dal Pd non ha provocato smottamenti nel suo vecchio partito. Con queste premesse i tre leader sono stati praticamente costretti a immaginare un futuro assieme. La svolta di ieri nasce da questi processi politici.

Tuttavia non è detto che la necessità porti alla virtù. Il primo problema che il Terzo Polo, in via di costruzione dopo la sconfitta parlamentare, deve affrontare è quello della sua possibilità di svolgere un ruolo politico di primo piano. Non c’è dubbio che il processo di sfaldamento del bipolarismo favorisca la nascita di una nuova forza. Le difficoltà del Pd e la radicalizzazione del mondo berlusconiano aprono una prateria per i centristi. C’è una grande area moderata che potenzialmente potrebbe mettersi alla ricerca di un nuovo approdo. Di fronte a questa occasione favorevole e imperdibile, i neo-centristi devono fare i conti con il rischio che la loro proposta appaia tutta interna al sistema politico e per tanti aspetti antica. Il pericolo che corrono è che la loro offerta si presenti sul mercato politico con la zavorra dei vecchi marchi unificati piuttosto che come un nuovo prodotto. Non a caso i sondaggi danno risultati altalenanti. Finora l’opinione pubblica non ha interpretato il nuovo probabile raggruppamento come una proposta in grado di scardinare i vecchi schieramenti fino a rappresentare il soggetto propulsivo in grado di dar vita a un nuovo sistema politico. Con questa legge elettorale e presentandosi solo come la sommatoria di partiti il Terzo Polo riuscirebbe solo a rendere incerta la maggioranza al Senato.
Restano altre due strade da considerare per stimare il valore elettorale e politico dell’ alleanza centrista in via di formazione. La prima è quella suggerita da Massimo Cacciari e rappresentata dall’opzione Luca Cordero di Montezemolo o di un altro protagonista titolato a cui i leader attuali affidino il compito di fare da speaker di questa coalizione. In questo scenario il Terzo Polo si presenterebbe come la forza trainante di un nuovo sistema politico in gestazione con l’obiettivo di erodere consensi sia a destra sia a sinistra. Servirebbe in questo caso una “discesa in campo” simile a quella di Berlusconi del 93-94, cioè un fragoroso impatto della nuova formazione, sia sul piano dei contenuti sia su quello della classe politica, sull’intero impianto politico della Seconda repubblica.

Questa ipotesi deve fare i conti con a) la volontà di Luca di Montezemolo o di altri al suo posto di accettare la competizione, b) la generosità dei soci “terzisti” che li spinga a far da comprimari in una operazione guidata da una personalità indipendente, c) la convergenza su un programma riformatore che sia laico e liberale sottoponendo a tensione sia il cattolicesimo militante di Casini sia lo statalismo e l’eccessivo laicismo di Fini. Non è facile che queste condizioni vengano accettate dai contraenti perché sono obiettivamente abbastanza onerose.
L’ultima strada che i terzisti hanno davanti a sé, sia nell’ipotesi che sommino le loro forze attuali sia in quella che li veda protagonisti di una versa svolta, è quella di accettare il rischio di un rapporto inedito con la sinistra, sollecitando il Pd ad una scelta che metta in discussione le sue vecchie alleanze. Questa possibilità non sarebbe nel quadro di un nuovo centro-sinistra quanto in quello di un nuovo “compromesso storico”. L’uso di queste sigle consumate serve solo a dire che l’ inedita alleanza non rientrerebbe nel canone di una coalizione strategica destinata a dar vita a una durevole prospettiva di governo quanto in quello di una alleanza provvisoria che serva a favorire e la fuoriuscita dal berlusconismo e l’avvio di un nuovo sistema politico. Più un “compromesso” che un “comitato di liberazione” perchè il tema di fondo non dovrebbe essere la battaglia “anti-B.” ma la costruzione di un nuovo sistema di relazioni politiche che renda chiaro il passaggio da una fase a un’altra in un quadro di riforme essenziali per ridare spinta al paese.

Tutte queste opzioni richiedono che i soggetti che fanno riferimento al terzo Polo decidano davvero di giocare la partita senza doppiezze e con una larga visione politica. Soprattutto richiede che sappiano trovare un loro popolo. In particolare la loro partita fondamentale si deve svolgere nel campo finora presidiato da Berlusconi. La vera partita politica, che finora Fini e Casini hanno fallito, è la separazione dei moderati dai populisti di destra e dai leghisti. La mission è spaccare la destra. Solo con questa ambizione la loro unificazione può favorire il cambio. Altrimenti sarebbe un’altra offerta di tipo proporzionale in un quadro stancamente bipolare. Cioè qualcosa che morirà politicamente quando politicamente morirà Berlusconi. Evento ancora oggi senza data.

Di Peppino Caldarola (IlRiformista)

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