SAN MARINO NELLA TEMPESTA: ALLA RADICE DELLA CRISI
L’inizio della tempesta finanziaria internazionale ha una data simbolo: il fallimento del colosso bancario americano Lehman Brothers. Era la mattina del 15 settembre 2008. L’effetto domino è stato immediato: le economie di tutto il mondo entrano in crisi, chiudono fabbriche in America, Asia, Europa. La disoccupazione dilaga e crollano i consumi. Sono i lavoratori a pagare il prezzo più alto delle speculazioni finanziarie di un capitalismo rapace e senza regole.
Ma l’origine profonda di questa tempesta risale agli anni ’70, quando il mondo occidentale si piegò alla linea ultraliberista consentendo ai capitali di circolare senza nessun condizionamento politico e sociale e ubbidendo solo alla logica del mercato finanziario. Da questa scelta sciagurata è iniziata la trasformazione genetica della finanza mondiale: da infrastruttura a sostegno dell’economia reale è diventata una vera e propria industria, che risponde solo a se stessa. E’ nata così l’economia di carta con una sola regola: il denaro fatto sempre più con il denaro.
Con la sovranità degli Stati inesorabilmente in ostaggio dei poteri economi-co-finanziari che, addirittura, “battono moneta” attraverso un diluvio di strumenti dietro i quali non c’è niente. Solo debiti e rendite finanziarie che in questi anni hanno pesantemente minacciato la ricchezza reale, i bilanci degli Stati e quindi impoverito il mondo del lavoro e lo Stato Sociale.
Anche San Marino sta pagando i costi della grande crisi e non è sfuggito alle sirene della finanziarizzazione dell’economia, che ha prodotto un sistema bancario tanto ipertrofico quanto fragile. Non va dimenticato che la politica nostrana fino a pochi anni fa teorizzava la trasformazione della Repubblica in Piazza Finanziaria, con l’economia vera confinata ai margini.
A questa fragilità si è poi svelato un aspetto tanto inatteso quanto grave: l’infiltrazione della criminalità organizzata in alcuni settori della nostra economia. Le inchieste in corso aprono scenari inquietanti che impongono scelte immediate: alle istituzioni il dovere di contrastare questo fenomeno con normative efficaci e idonei e severi controlli; alla società civile il compito di promuovere una rinnovata cultura della legalità e della trasparenza.
I contraccolpi della crisi e l’illusione dell’economia di carta continuano a produrre effetti negativi sia sul fronte economico occupazionale sia su quello del bilancio dello Stato.
Gli indicatori macroeconomici della Repubblica di San Marino confermano la profondità della crisi: crolla il Prodotto Nazionale Lordo che vede nel 2009 una diminuzione del 13% e anche nel 2010 la diminuzione è stata a doppia cifra. Nello stesso periodo si sono accumulati oltre 100 milioni di perdite nel Bilancio dello Stato.
Allo stallo economico si somma la paralisi politico-diplomatica fra la Re-pubblica di San Marino e l’Italia. La morsa che ha stretto il nostro Paese è stata da una parte lo scudo fiscale e dall’altra la black-list: una doppia batosta che ha prodotto non solo un danno di immagine e reputazionale enorme, ma ha drammaticamente impoverito il sistema bancario, ha provocato una lunga catena di chiusure aziendali e aumentato la disoccupazione. Ma soprattutto ha innescato uno stato di grave incertezza nel mondo imprenditoriale, bloccando qualsiasi progetto di sviluppo e strategie per nuovi investimenti.
Il sovrapporsi della crisi internazionale con la crisi interna ha creato una situazione drammaticamente inedita, che impone un cambiamento culturale e nuove consapevolezze. In questi ultimi mesi la battaglia sindacale ha cercato di vedere oltre i singoli problemi puntando l’attenzione sul terreno delle scelte di sistema. Le intense mobilitazioni denominate “Rompiamo l’immobilismo” e “Salviamo il Paese” hanno messo in primo piano i bisogni di fondo per la nostra realtà: la trasparenza e la legalità insieme a quelli storici dell’equità fiscale e dell’occupazione.
Le macerie della crisi ci insegnano che la pura logica del mercato da sola non ce la fa e che senza un aggancio etico l’economia non può stare in pie-di. Da qui la necessità di aprire una stagione di responsabilità, con i valori del Bene Comune, della sussidiarietà, della solidarietà e dell’economia so-ciale come bussola di orientamento.
Il Paese si salva se la classe dirigente saprà indicare, con impegno, senso del dovere e giustizia sociale, un destino comune che unisca i sammarinesi.
La Confederazione Democratica è pronta a coniugare questi valori nella quotidianità delle relazioni istituzionali e industriali, consapevole che la co-esione sociale è alla base dei necessari cambiamenti dell’economia e dello Stato Sociale.