Relazione del Segretario Marco Tura al 10° Congresso FPI
Non vi nascondo un po’ di emozione nel presentarvi la relazione in apertura del nostro congresso. ome molti di voi ricordano sono subentrato due anni fa nel ruolo di Segretario di Federazione e l’assunzione di tale importante responsabilità è stata possibile perché molte persone si sono rese disponibili a sostenermi; per questo motivo intendo iniziare il mio intervento con i ringraziamenti. Vorrei, quindi, ringraziare Sandro Serra e Morena Mularoni, i miei attuali compagni di viaggio, per la loro splendida collaborazione; orrei ringraziare Stefano Zonzini che ha deciso di rientrare al suo posto di lavoro, ma che fino a pochi mesi fa mi ha seguito come un tutor nei primi passi della mia esperienza sindacale; orrei ringraziare Antonio Ceccoli che mi ha preceduto in questo incarico, lasciandomi una preziosa eredità; orrei ringraziare tutti i Membri di Governo con i quali mi sono confrontato su progetti costruttivi e condivisi, uno per tutti l’attuale Segretario di Stato per gli Affari Interni Valeria Ciavatta, e tutti gli alti funzionari della Pubblica Amministrazione che hanno partecipato a vario titolo a tali progetti; orrei ringraziare Alessio ed Antonio della FUPI per la pazienza che hanno dimostrato nel ricercare obbiettivi e strategie comuni; orrei ringraziare il nostro Segretario Generale Marco Beccari e tutti i Membri della Segreteria CDLS per il prezioso ed immancabile sostegno; orrei ringraziare Giorgio Busignani per avermi indirizzato verso una indispensabile formazione e progettualità; orrei ringraziare tutti i membri della Segreteria e del Direttivo del pubblico impiego uscenti. che in questo quadriennio hanno dimostrato grande impegno e professionalità e infine vorrei ringraziare tutti voi delegate e delegati, che siete qui presenti oggi, tutti i rappresentanti sindacali della FPI e tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo appuntamento. Spero di non aver tralasciato nessuno.
Il titolo di questo congresso: “Contratto e Riforma: occasioni di sviluppo” completato dai sottotitoli che esplicitano l’autonomia gestionale, il benessere organizzativo, la crescita professionale e l’offerta di nuove opportunità per i giovani, indica chiaramente gli obbiettivi che ci siamo prefissati e che vogliamo raggiungere in un futuro non troppo lontano.
Ma i nostri nonni dicevano che per capire bene dove vogliamo andare è necessario sapere da dove stiamo venendo, così mi sembra opportuno ricordare, almeno in parte, il recente passato. l blocco delle assunzioni, posto in essere dieci anni orsono nel settore pubblico, accompagnato nel frattempo da una continua instabilità politica e dal reclutamento di personale avvenuto in gran parte attraverso il contratto privatistico, il mancato adeguamento dei titoli di studio, la necessità di avere una Amministrazione che risponda alle esigenze di una utenza sempre più articolata, sono alcuni dei motivi che hanno reso indispensabile una riforma, che restituisca autorevolezza alla PA e faccia riacquisire ai dipendenti l’orgoglio di appartenere ad essa. Tra gli attuali dipendenti pubblici tale orgoglio è andato scemando nel tempo, probabilmente a causa di una serie di fattori. n mezzo a questi il più drammatico sembra essere quello relativo alla precariatà, inteso nel senso più esteso del termine. appiamo tutti che esistono varie forme di precariato e che il fenomeno crea una provvisorietà che si protrae anche per lunghi periodi. Sappiamo che il precariato ha vissuto varie vicissitudini, e tra stabilizzazioni e sentenze del tribunale ha creato tante aspettative e ha prodotto in molti sammarinesi tanti mal di pancia. l problema si è complicato talmente tanto che oggi sembra difficile trovare una soluzione soddisfacente per tutti. Nonostante ciò siamo convinti che se non riusciamo a ridurre il caso ai minimi termini, sarà difficile realizzare un progetto per il futuro apparato statale. a questo non è certamente l’unico fattore importante. er una analisi complessiva occorre porre particolare attenzione anche ad altri processi che, talvolta, sembrano seguire percorsi propri, distaccati dal contesto generale. i riferisco per esempio all’ISS, alla scuola e alle Aziende.
Abbiamo più volte affermato che l’Istituto Sicurezza Sociale ha un significato di primaria importanza nel sistema pubblico e che il valore della salute deve essere posto in cima alle nostre priorità. o stato sociale e il desiderio di benessere trovano concreta realizzazione in un modello organizzativo dell’ISS in grado di coinvolgere i lavoratori e di consolidare la qualità dei servizi, rispondendo così ai bisogni crescenti della popolazione. a la riorganizzazione che si sta improntando all’ISS deve fare i conti con i noti problemi di compatibilità economica; a questo proposito intendiamo sottolineare una posizione che traduce il principio di efficienza, efficacia ed economicità, rispolverato ogni volta che si affronta un processo di riforma.
L’efficienza è legata prevalentemente all’operatività del personale responsabile, l’efficacia è dovuta prevalentemente alla capacità dirigenziale di chi è chiamato a tale funzione, mentre l’economicità deve essere intesa come eliminazione degli sprechi e non come riduzione dei progetti organizzativi dell’apparato pubblico. Quindi la compatibilità economica, riferita nello specifico ai percorsi dell’ISS, non deve produrre l’effetto di tagliare o di ridurre i servizi erogati. Chiarito questo, possiamo pensare di affrontare più serenamente un confronto che, per il momento, ha portato alla sottoscrizione di un accordo con i vertici della Sanità, il quale ha dato modo di avviare il procedimento di riordino dell’Istituto, con l’intesa di verificare entro un tempo stabilito l’esito della sperimentazione. ale verifica non è stata ancora affrontata, ma ci sarà occasione per farlo nei prossimi giorni. seguito della stessa si potrà procedere alla valutazione dell’intero atto organizzativo dell’ISS, che comunque dovrà riferirsi alla riforma complessiva della PA, essendo il personale dell’Istituto dipendente pubblico e in diverse circostanze ricopre funzioni analoghe a quelle di altri dipendenti pubblici.
Per ciò che riguarda la scuola ribadiamo ancora una volta che l’ambito educativo è un patrimonio che deve essere tutelato da tutti e quindi appare indispensabile procedere ad interventi organici, funzionali alla crescita dei nostri giovani, al fine di formare future generazioni preparate alle responsabilità civili e alle competenze professionali. on abbiamo apprezzato, nel recente passato, il metodo di chi ha proposto e fatto approvare leggi che organizzano la scuola, senza il confronto coi lavoratori del settore, rappresentati dal sindacato, nonostante ciò fosse prescritto, tra l’altro, in un ordine del giorno del Consiglio Grande e Generale. ant’è. I danni ormai sono stati fatti e sarà necessario verificarli con attenzione, trovando il coraggio di rimettere mano a quei provvedimenti che non si sono rivelati adeguati. a c’è di più. Sarà importante procedere ad una programmazione che realizzi percorsi formativi completi, tenendo conto delle aspettative dei ragazzi, e ciò si può realizzare meglio dando ascolto alla loro voce. A tale scopo è necessario il contributo di tutti, compreso il nostro, ed è anche per questo che la nostra Confederazione si è impegnata nello scorso anno a trattare la tematica dei giovani, a me molto cara. ome alcuni di voi sapranno, il nostro impegno si è concretizzato in un libro estremamente interessante, che si è rivelato un importante strumento di lavoro per chi intende mettere le mani in pasta. ccorre, però, dare corso alla nostra buona volontà, magari attraverso semplici sollecitazioni, concorrendo alla risoluzione di alcuni problemi, tra i quali riveste carattere di immediatezza quello causato dal mancato aggiornamento dei titoli di studio, che non riguarda solo la scuola, ma in particolare la scuola, e che crea disorientamento nelle generazioni in procinto di passare dalla studio scolastico al mondo del lavoro. a parte nostra dovremo creare le condizioni, affinché la Pubblica Amministrazione possa diventare attrattiva anche per i talenti migliori, quando essi tornano in Repubblica alla fine del loro ciclo di studi. on basta. Si dovrà pensare ad una nostra università che dia la possibilità di coltivare menti sammarinesi e che sappia progettare, attraverso la propria ricerca, corsi formativi da trasmettere ai ragazzi che si accingono a scegliere il loro futuro professionale, corsi indirizzati verso quel parco tecnologico di cui tanto si parla e che tante aspettative sembra creare tra i giovani di San Marino.
Argomento più complicato è quello che riguarda le Aziende di Stato. Ammetto che da quando sono qui non ho capito tanto, anche perché non mi è molto chiara la volontà della politica sul futuro della struttura attuale. Probabilmente io sono un po’ “timido”, ma tra ipotetiche trasformazioni e privatizzazioni non sono riuscito a comprendere qual è il reale progetto sulle Aziende. on vorrei sembrare superficiale e proprio per questo invito a prendere in seria considerazione la proposta di eleggere in seno al futuro Direttivo della nostra federazione qualche rappresentante del Settore, visto che il nostro esperto Stefano Zonzini ha deciso di non ricandidarsi.
Dopo una rapida scorribanda sulla situazione attuale procediamo sull’argomento della riforma. Se è vero, come abbiamo affermato, che la riforma è necessaria, è altrettanto vero che si rende indispensabile un cambiamento. Questo spaventa tante persone che pensano al cambiamento come ad uno stravolgimento di tutto l’esistente, che credono di perdere tutti i benefici legittimamente conquistati, e che temono di passare dal certo all’incerto. La resistenza al cambiamento è spesso accentuata dal fatto che l’operatore non coglie, o non ha la possibilità di proporre, significative connessioni tra il cambiamento richiesto e l’attesa di miglioramento, perciò guarda allo stesso come ad un elemento di disturbo. iò è comprensibile, perché spesso, oltre alle situazioni oggettive, siamo proprio noi a non essere predisposti ai mutamenti. uindi si rende utile programmare un cambiamento nel segno della continuità, fondato sulla collaborazione e che segua una evoluzione governata. a con coraggio, con grande coraggio, abbandonando ogni logica egoistica di salvaguardia di quegli interessi che non sono legati sia diritti che al contesto generale, cioè che non sono interessi di tutti.L’imperativo che si pone ci richiama alla massima considerazione degli equilibri, al fine di evitare i conflitti tra lavoratori. Il cambiamento, che si realizzerà con la riforma della PA, dovrà portare, tra l’altro, ad una reale autonomia gestionale della stessa, ma con una particolare attenzione a non confondere i ruoli decisionali: la proclamata separazione della Pubblica Amministrazione dalla Politica deve essere specificata nei termini di non ingerenza della politica nei processi organizzativi dell’Amministrazione e, al tempo stesso, di assunzione di tutte le proprie responsabilità da parte dei funzionari pubblici, anche quelle che a volte ricadono sul politico di turno o sulla sua segreteria.Ma non si può pensare che qualcuno si sostituisca alla Politica nelle decisioni importanti, anche se ciò rappresenterebbe a volte un utile filtro contro le noiose lamentele di qualsiasi controparte. Il cambiamento nella PA lo si intravede soprattutto nella filosofia diversa che propone la relazione sulla riforma, già presentata in Consiglio dal Segretario degli Interni: il passaggio dal mansionario al profilo di ruolo, cioè passare dal fare al saper fare, sostituisce in parte il valore dell’organizzazione con quello della persona. L’esaltazione della professionalità, sommata alla trasparenza nel reclutamento di personale per il settore pubblico, dovrebbe contribuire a combattere il fenomeno del livellamento professionale, altra piaga del nostro settore. Alla soluzione di questo problema daranno un contributo il tentativo di rendere affascinante la pubblica amministrazione anche per i migliori professionisti, seppur giovani, e le richieste economiche che appaiono sulla piattaforma del nostro contratto di lavoro. In sostanza, la sintesi tra riforma e contratto propone di passare da riconoscimenti a pioggia a riconoscimenti regolamentati e tarati sulla base di meriti oggettivamente valutati, con il coinvolgimento delle parti sociali. Per facilitare questo ultimo processo pensiamo di dover legare il concetto della valorizzazione a quello della meritocrazia e, soprattutto, della formazione; formazione che tenda all’autonomia gestionale ed organizzativa e che, conseguentemente, porti a sviluppare il discorso della carriera orizzontale all’interno del profilo di ruolo.
Sempre riferendoci alla riforma, al momento attuale si rileva la sottoscrizione di due accordi con l’Esecutivo; essi vanno nella direzione dei principi che ho sopra esposto. I provvedimenti di legge, che stiamo studiando in questi giorni e trattati al tavolo del confronto, seguono la stessa filosofia.
Non nego il fatto che a volte qualche difficoltà sia emersa, ma la volontà di giungere ad una buona riforma, che si registra da parte di tutti, mi rende ottimista.
Parliamo ora del contratto di lavoro. Credo sia una esigenza di tutti quella di giungere nel più breve tempo possibile alla firma del contratto, per concentrare, poi, tutte le nostre energie sul progetto di riforma. Non siamo sicuramente fortunati a dover contrattare in un periodo particolarmente difficile come quello attuale, in cui gli effetti di una crisi economica e finanziaria di portata mondiale non si sono ancora manifestati nella loro interezza. L’andamento incerto e variabile dell’inflazione non permette ad alcuno di poter fare previsioni significative per il futuro; l’unica cosa assodata è che in questi giorni sono a rischio un certo numero di posti di lavoro nel settore privato. Non possiamo e non vogliamo ignorare questo fatto; ne consegue che dobbiamo reagire a tale situazione senza farci confondere da problemi, che possono sembrare di altri, ma che si ripercuoteranno anche su di noi. Allora, per dare il mio piccolo contributo, voglio richiamare due notizie apparse di recente sulla stampa italiana. La prima è riferita al messaggio del Papa che, parlando della crisi economica, ha auspicato il sorgere di una nuova cultura della solidarietà. La seconda rileva una controtendenza per la quale nel Bel Paese, nonostante la crisi, alcune aziende assumono personale, e sono quelle che negli ultimi anni hanno realizzato una politica industriale mirata alla qualità e non al mero guadagno economico.
Quindi si rende necessario avere il coraggio di prendere il toro per le corna, come si suole dire, e rivedere l’impianto di norme che assicura agli imprenditori una serie di agevolazioni, che in passato garantivano un incremento indiscriminato dell’economia della nostra Repubblica, tutelando in molti casi gli interessi degli stessi imprenditori e di pochi altri. Oggi non siamo più in grado di puntare a tutti i costi ad uno sviluppo spropositato dell’economia; oggi dobbiamo programmare con oculatezza ogni sviluppo, tenendo conto della nostra dimensione e della nostra identità. Non possiamo e non vogliamo svendere la dignità del nostro Paese, perché da essa dipendono la dignità nostra e dei nostri figli. Dai soldi che si risparmieranno, a seguito di una politica attenta nella distribuzione delle risorse, si potranno ricavare i sostegni per i lavoratori che si troveranno senza un posto di lavoro; questa è senz’altro una nuova cultura della solidarietà, questa è una strategia che indirizzerà le aziende sammarinesi verso una politica di qualità e non di sfruttamento. Se verranno presentati progetti seri e concreti, che seguano tale direzione e che garantiscano una equità normativa e fiscale, allora i pubblici dipendenti non avranno difficoltà a valutare ed accettare piani concordati di sostegno ad un sistema economico in crisi, crisi, ricordiamo, causata principalmente da fattori esterni alla PA.
Perdonatemi lo sfogo. Normalmente preferisco la critica costruttiva alla polemica e mi rendo conto che le mie affermazioni possano essere intese come inutile polemica. Per farmi perdonare vi propongo un argomento più costruttivo. Mi permetto di rispolverare un’idea che, recentemente, ha trovato molto consenso nell’approfondimento del tema dell’occupazione in tanti paesi europei. Affronterò una materia che in realtà non è nuova, ma che non ha mai trovato la giusta collocazione nel mondo del lavoro: il benessere organizzativo. Si può intuire cosa sia il benessere organizzativo, ma cosa tratta lo studio di tale fenomeno?
Tra le finalità dello studio del benessere organizzativo si registra la realizzazione ed il mantenimento del benessere fisico e psicologico delle persone attraverso la costruzione di ambienti e relazioni di lavoro che contribuiscano al miglioramento della qualità della vita dei lavoratori e, contemporaneamente, delle prestazioni. Ciò è possibile se si riesce ad offrire agli operatori la possibilità di lavorare in contesti organizzativi che favoriscano gli scambi di informazioni, la trasparenza e la visibilità dei risultati, in ambienti dove esiste una adeguata attenzione agli spazi architettonici, ai rapporti tra le persone e allo sviluppo professionale. Si presuppone, dunque, una rinnovata attenzione agli aspetti relativi all’organizzazione, e non solo monetari, del rapporto di lavoro, il tutto a conferma di un cambiamento culturale ormai necessario. In principio, attraverso opportune forme di relazioni sindacali, l’Amministrazione Pubblica potrebbe trovare il modo di valutare e migliorare il benessere all’interno della propria organizzazione, rilevando le opinioni dei dipendenti sulle dimensioni che determinano la qualità della vita e delle relazioni nei luoghi di lavoro. In un sistema come quello della nostra PA, dove si rilevano settori ad alta intensità di lavoro intellettuale, la convivenza lavorativa non si può realizzare soltanto sotto forma gerarchica o di scansione procedurale: una variabile altrettanto fondamentale è rappresentata dal sentire individuale e dalle relazioni informali tra le persone che interagiscono nello stesso ambiente di lavoro. A mio avviso sono tre i passaggi principali per favorire questi ultimi aspetti. Il primo comprende il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze e degli apporti dei dipendenti, assicurando adeguata varietà dei compiti, autonomia e pianificando appropriati interventi di formazione. Il secondo passaggio deve garantire una giustizia organizzativa, per mezzo della quale l’amministrazione assicura equità di trattamento retributivo, di assegnazione di responsabilità, di valorizzazione del personale e di attribuzione dei carichi di lavoro. Il terzo si riferisce all’attuazione di una comunicazione intraorganizzativa circolare, attraverso la quale l’amministrazione può ascoltare le istanze dei dipendenti e stimolare il senso di utilità sociale del loro lavoro. Per facilitare la realizzazione di questa idea, per certi versi rivoluzionaria, si potrebbe fare ricorso anche ai moderni mezzi di comunicazione, che hanno la grande capacità di diffondere in tempo reale istanze, interessi, proposte organizzative e segnalazioni di disagio nei confronti di colleghi o del superiore, senza utilizzare la “schermaglia burocratica”.
Nel futuro, che è già presente, ci troveremo ad affrontare una riorganizzazione dei servizi e del lavoro, la quale porterà allo sviluppo di nuove professionalità, e per accedervi sarà necessario che le persone, operanti nei servizi pubblici, siano competenti, motivate e abbiano consapevolezza della centralità del loro ruolo. Dalla centralità del ruolo deriva una apprezzata valorizzazione delle persone, che si renderà utile in virtù del fatto che da sempre le persone sono al centro dei servizi pubblici e da sempre la qualità dei risultati dipende in larga misura dalle qualità professionali e personali come, per esempio, nel caso di infermieri, di personale della Polizia Civile e di quello che ha contatto con il pubblico, di insegnanti e di tanti altri che con il loro impegno ed il loro lavoro qualificato spesso sopperiscono alle carenze strutturali ed operative. Ne consegue, che tra le imminenti sfide dell’amministrazione pubblica si annoverano la ricerca di un rinnovato fascino per attirare i talenti migliori, la capacità di sviluppare un maggiore senso di appartenenza con nuove motivazioni e l’adeguamento delle competenze degli operatori attraverso una valida formazione, sulla quale serve investire per realizzare validi percorsi di apprendimento, al fine di sviluppare nuove competenze. na proposta per creare un clima positivo, che permetta ai dipendenti di riconoscersi maggiormente nell’istituzione per cui si lavora, potrebbe essere quella di prevedere l’utilizzo della incentivazione per premiare il lavoro di gruppo e non solo la produttività individuale.
La prossima riforma della pubblica amministrazione, attraverso un nuovo sistema di inquadramento del personale, tende a modificare la filosofia del rapporto di lavoro: si passa dal” fare” al “saper fare”. Si modifica così l’approccio della stessa PA: si passa dal “cosa conviene fare” al “cosa si può fare”. Ma le norme, per quanto possano aprire nuove opportunità, richiedono culture, strategie e logiche d’azione che permettano di superare difficoltà croniche, come ad esempio la strategia di solo recupero di efficienza che è stata messa più volte in crisi; occorre andare oltre: migliorare la qualità del lavoro, fornire nuove opportunità di sviluppo professionale, investire su relazioni interne più salde. D’altra parte, limitare l’attenzione del dibattito sul lavoro pubblico alle sole logiche di carriera ed ai meccanismi di ricompensa, sembra denotare una miopia culturale e l’assenza di valori più impegnativi, valori che qualcuno, in maniera non proprio disinteressata, ha sminuito nel corso del tempo. E’ utile tener presente che nel settore privato si sta ultimamente riscoprendo la dimensione soggettiva, il coinvolgimento e l’intelligenza emotiva: nella PA non possiamo correre il rischio di concentrarci solamente sugli aspetti meccanici ed ingegneristici della nostra attività. Dobbiamo mantenere il passo per essere competitivi. La riforma, che ci siamo stancati di attendere e che vogliamo fortemente, rappresenta la nostra più concreta occasione di sviluppo. Ma questa scelta di puntare con decisione sulla riforma è senza dubbio audace. Si rende necessaria una buona dose di ottimismo e di incoscienza adolescenziale, che sommata alla voglia di mettersi in gioco, ci renderanno capaci di gettare il cuore oltre la barricata.
Ottimismo ed incoscienza tipici di quella età che ormai non mi appartiene più, ma che mi piace rievocare, e per questo mi permetterete di congedarmi da ognuno di voi con una frase di una canzone, interpretata da un gruppo musicale che piace a molti dei nostri giovani, i “Modena City Ramblers”, frase maestra per l’animo, carica di un immenso sentimento di fiducia e di speranza, la quale recita: “…. nessun rimpianto per quello che è stato, che le stelle ti guidino sempre e la strada ti porti lontano”.
San Marino, 12 febbraio 2009