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Provokatori

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I segretari Ghiotti e Beccari replicano alle sconcertanti dichiarazioni delle associazioni imprenditoriali.

San Marino, 14 luglio 2005

Chiuso il contratto industria, continuano le provocazioni. Con l’Anis che attacca a testa bassa sindacato e lavoratori. I segretari della CSU respingono il tentativo di riaccendere la conflittualità.

Ecco la replica di Giovanni Ghiotti Segretario Generale CSdL e Marco Beccari Segretario Generale CDLS

Ci risiamo, finita questa impegnativa tornata contrattuale, le associazioni degli imprenditori riaccendono strumentalmente un clima di conflitto e di scontro nel paese e tornano ad attaccare il sindacato. Le dichiarazioni pesantissime che abbiamo letto in questi giorni da parte dei dirigenti di ANIS e OSLA, hanno un preciso disegno: punire il movimento sindacale e modificare unilateralmente il diritto di sciopero. E Carlo Giorgi, Segretario dell’ANIS, sostiene tutto ciò con una serie di dichiarazioni false e sterili provocazioni.

Afferma che l’ANIS è stata costretta a firmare il contratto perché era tenuta in ostaggio, e che lo avrebbe fatto per liberare un paese paralizzato dai lavoratori: è evidente la falsità delle sue parole, perché l’accordo contrattuale è stato firmato nel tardo pomeriggio di lunedì 11 luglio, quando gli scioperi erano terminati e i presidi, di fatto, si erano già conclusi venerdì 8 luglio! La stessa assemblea dei delegati di sabato 9 luglio, nel ritenere ancora necessaria la lotta qualora non fosse raggiunto un accordo, aveva comunque dichiarato conclusa la fase dei presidi zonali.

Ora constatiamo anche che l’OSLA, che durante la vertenza aveva assunto un atteggiamento più costruttivo sui contenuti contrattuali, ha smesso i panni dell’agnello e ha indossato quelli del lupo. Leggiamo sulla stampa che per domani ha convocato una riunione con le altre associazioni di categoria per definire un progetto di legge “che regolamenti talune modalità di diritto allo sciopero”. Evidentemente, l’OSLA e le associazioni imprenditoriali stanno usando strumentalmente l’onda polemica che ha accompagnato i presidi come pretesto per portare modifiche al diritto alla lotta sindacale!

Da parte nostra, riteniamo più giusto proseguire sulla strada della autoregolamentazione dello sciopero, come abbiamo praticato in questi anni in alcuni settori della PA, per i servizi essenziali ai cittadini, la sicurezza, la sanità. Eventualmente, nuove ipotesi di regolamentazione del diritto di sciopero dovrebbero avvenire in un ambito ben diverso, creando il necessario clima di collaborazione, e non in maniera unilaterale, al solo scopo di colpire il proprio interlocutore.

In generale, vi è la netta sensazione che le associazioni di categoria, dopo lo strappo registrato nella fase contrattuale tra ANIS e UNAS da una parte, e OSLA dall’altro, si stiano ricompattando, proprio sul disegno comune di colpire il sindacato e i lavoratori!

Tornando a Carlo Giorgi, egli parla di violenze nei presidi, quando vi è stato qualche episodio isolato di vandalismo, che noi siamo i primi a condannare. Ma la lotta attraverso i presidi si è resa necessaria perché né le categorie economiche né la politica hanno mai dato ascolto alle richieste che i lavoratori hanno avanzato da anni, di ridurre la piaga della precarietà e affermare il diritto basilare alla stabilità del lavoro. Non lo hanno fatto neanche dopo ben due scioperi generali nel giro di tre mesi e uno sciopero generale di categoria, cosa che non ha precedenti nella storia recente di questo paese! Proprio per questa “sordità” delle altre parti, i lavoratori sono stati costretti ad elevare il livello della mobilitazione.

La violenza sta piuttosto nelle dichiarazioni del Presidente e del Segretario dell’ANIS: anziché partire dall’accordo contrattuale per intavolare corrette relazioni industriali, che per responsabilità degli imprenditori da diversi anni praticamente non esistono, le associazioni di categoria preferiscono puntare l’indice contro talune modalità del diritto di sciopero, con il rischio di rigettare il paese in una stagione di conflittualità. Mentre invece sarebbe molto più responsabile e costruttivo tornare a confrontarsi su ciò di cui hanno realmente bisogno i cittadini, a partire dalle riforme, il rafforzamento dello stato sociale.

Dopo la firma di un contratto, non si possono fare affermazioni “terroristiche” nei confronti di chi il “terrorismo” lo subisce quotidianamente sui posti di lavoro, con la precarietà e la minaccia di licenziamento per chi osa fare attività sindacale o reclamare qualche diritto. Tanto più dopo aver sottoscritto un contratto che tiene conto delle necessità delle due parti: la tutela dei lavoratori e le esigenze di flessibilità delle imprese.