L’odio nascosto nel Partito dell’Amore
A detta del suo fondatore, il Pdl era nato per innovare il modo di far politica. Oggi, invece, appare come è un verminaio impazzito. Tutti contro tutti, dove il prezzo più salato rischia di pagarlo proprio la nostra democrazia.
Uno nuovo “scandalo rifiuti” è alle porte. Questa volta, però, non si tratta della solita “monnezza” lasciata marcire per le strade del centro, di quell’emergenza risolta solo “mediaticamente” perché occultata sotto il comodo tappeto di qualche discarica, peraltro costruita in fretta e furia in deroga alle leggi e al buon senso. Tanto è vero che basta un solo giorno di sciopero degli “spazzini” per farla ricomparire, quasi magicamente. No, questa volta la “monnezza” e i suoi fetidi miasmi vengono tutti dalla “politica”. Una “politica” che si dice nuova, diversa, che vorrebbe rappresentare, almeno a chiacchiere, il “cambiamento” ma che in realtà, è soltanto il riciclaggio peggiore di vecchie e nuove facce, peraltro colluse con i peggiori interessi. Questa “politica”, oggi, trova nel Pdl, il sedicente Popolo della libertà e nel centro-destra la sua espressione peggiore. Una “politica” – lo scriviamo, ancora, tra un milione di virgolette – che non esita a ricorrere a metodi squallidi che stanno minando nel nostro paese, il concetto stesso di democrazia. In questa inchiesta ci occuperemo del cosiddetto “affaire Caldoro“, una storia che nasconde un truce e losco regolamento di conti, nel senso più deteriore del termine, tutto interno al centro-destra campano e nazionale. Uno scandalo finora emerso solo in parte che, in una “paese normale” o semplicemente serio – aggettivi che oramai da decenni non si abbinano più col nostro quadro politico – farebbe cadere all’istante non solo un paio di teste, ma porterebbe ad un completo azzeramento di tutta una presunta “nuova” classe dirigente, che negli ultimi tre lustri ha dimostrato solo la sua incapacità di governare la “cosa pubblica”, tutelando invece interessi privati, spesso tutt’altro che limpidi.
IL CANDIDATO A “DISPOSIZIONE” – Tutto cominciò a Napoli, ma poi si sviluppa e si ingarbuglia in oscure “stanze romane” alla presenza, sembra, degli stessi “quadri nazionali” del partito con personaggi dal passato torbido. Secondo gli inquirenti, a quegli incontri c’erano Denis Verdini, il faccendiere Flavio Carboni, gli opachi politici della “prima repubblica” Arcangelo Martino e Pasquale Lombardi, il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, due magistrati della Corte Costituzionale, Martone e Miller, e anche il senatore Marcello dell’Utri. Siamo nel periodo immediatamente antecedente le scorse elezioni Regionali di primavera. In Campania, il centro-destra, dopo i disastri della giunta Bassolino e del governo regionale di centrosinistra, sente la vittoria in pugno. C’è da decidere solo chi guiderà il carro per celebrare il “trionfo” sotto Palazzo Santa Lucia. Una pratica che, di solito, compie a tavolino lo stesso Silvio Berlusconi. Questa volta, però, non deve essere così. Il nome forte c’è già, lo vuole quasi tutto il Pdl locale e gran parte di quello nazionale. E’ quello di Nicola Cosentino, coordinatore regionale del partito nonché sottosegretario all’Economia e gran capo del Cipe.
STORIA DI UNA LOTTA DI POTERE – Nicola Cosentino, in questi anni, ha saputo ben tessere la sua tela. Il ventre molle del partito è schierato tutto con lui. Gli amministratori locali ed i quadri del casertano e del napoletano, in particolare. Ha sapientemente scippato il partito dalle mani della vecchia reggenza targata “Fininvest”, quella dei fratelli Martusciello. L’opposizione interna – si fa per dire – se l’attestano solo il “finiano” Italo Bocchino e la ministra Mara Carfagna. Nient’altro, un deserto dei tartari contrapposto ad un blocco unico e granitico a sostegno di Nicola “O’ Mericano” da Casal di Principe. Sembrava oramai fatta per il potente politico casalese. Certo, su di lui girano strane voci. C’è chi affianca il suo nome a quello del clan dei Casalesi, diversi pentiti lo tirano pesantemente in ballo, ma lui “O’ Mericano” si sentiva forte, sapeva che la “Questione morale” nel Pdl viene relegata sempre nelle “varie ed eventuali”. Poi, un bel giorno, accade che la magistratura antimafia decide di fare finalmente luce sulla vicenda. E lo fa in grande stile. Non un semplice avviso di garanzia ma una vera e propria richiesta di arresto (peraltro respinta a maggioranza dalla Camera). Cosentino vacilla ma non cade. Non vuole cadere. Intanto, però, anche nel suo partito c’è chi comincia a dubitare della sua candidatura a Governatore. O’ Mericano dice di sentirsi tranquillo, Berlusconi è con lui. Certamente, lo è il potente ministro dell’Economia, Giulio Tremonti che, forse, non vede l’ora di toglierselo dalle sue dipendenze. Le elezioni sono alle porte, i dubbi crescono, la stampa incalza e la guerra intestina tra berluscones e finiani già impazza su tutto il territorio nazionale. E’ allora che dal cappello del premier esce un altro nome, quello di Stefano Caldoro, giovane ed anonimo ex craxiano finito, come altri, alla corte di Berlusconi. A molti sembra la soluzione ideale.
VELENI, SOSPETTI E CALUNNIE – Cosentino capisce che l’aria sta cambiando. Bisogna correre ai ripari. Ma come? E’ proprio su quei tribolati giorni che una nuova inchiesta della magistratura sta provando a fare chiarezza. Ci sono nuove scottanti intercettazioni che disegnano un quadro a dir poco inquietante. Un piano segreto per fare fuori politicamente Stefano Caldoro. Una sapiente strategia fondata su calunnie e diffamazioni a sfondo sessuale, ordita tutta all’interno del centro-destra. L’obiettivo è chiaro. Riportare, in extremis, in sella Cosentino e candidarlo al posto dell’ex craxiano, originario del Molise. Un’operazione da portare a compimento “a qualunque costo”. Per ora si è a conoscenza di tre nomi. Personaggi opachi, dal passato, come detto, torbido. Il faccendiere Flavio Carboni, uno che, più o meno direttamente, è stato accostato a tutti i grandi scandali della “prima repubblica”, dalla massoneria deviata a tangentopoli. Pasquale Lombardi, un geometra già sindaco democristiano di un paese dell’avellinese, che si spacciava per giudice tributario con potenti agganci politici nazionali ed Arcangelo Martino, ex assessore socialista, arrestato ai tempi di tangentopoli e riemerso, guarda caso, nuovamente nel centro-destra. Fu proprio lui a fornire l’alibi a Silvio Berlusconi per le sue frequentazioni con l’allora minorenne Noemi Letizia. Disse, infatti, di essere stato lui a presentare il padre della ragazza, Elio Letizia, a “Berlusconi e a Craxi“. Carboni, Lombardi e Martino sono stati arrestati, nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti del business eolico, su ordine del gip di Roma. Un’altra vicenda sconcertante che tira pesantemente in ballo altre figure di rilievo del Pdl, a cominciare dal coordinatore nazionale, Denis Verdini. Proprio da questa inchiesta sono emerse le intercettazioni che proverebbero quanto sia stata aspra e senza esclusioni di colpi la guerra combattuta all’inizio di quest’anno nel centro-destra campano e nazionale. Proprio alla vigilia delle Regionali. Una guerra, peraltro, mai cessata.
UNO SCENARIO TORBIDO ED INQUIETANTE – Le ultime voci aprono uno squarcio, se possibile, su di uno scenario allarmante per la stessa democrazia. Tra gli indagati per aver partecipato al “complotto” ci sarebbe pure Ernesto Sica, attuale assessore regionale “all’Avvocatura” della giunta di Stefano Caldoro. Sica, un passato da “uomo forte” di Ciriaco De Mita, non ha mai mostrato particolare simpatia per il suo “Governatore”, ricambiato, per la verità, a sua volta da quest’ultimo. A Repubblica, Caldoro raccontò all’atto della sua nomina ad assessore regionale, di avergli detto direttamente: “se fosse per me, non saresti in giunta“. Già, ma Sica in giunta c’è finito. Perché? Le ipotesi sono dirompenti. Caldoro è magari ostaggio di qualcuno? Perché ha addirittura nominato assessore chi – secondo le intercettazioni – ha prima cospirato contro di lui? Caldoro, infine, fa capire che altri gli hanno imposto i nomi del suo esecutivo regionale. Chi sono, i soliti “partiti”, oppure anche “altri” nomi inconfessabili di cui è bene che non si sappia? Interrogativi a cui il neogovernatore, presto o tardi, dovrà dare risposta. Forse, direttamente agli inquirenti. Secondo gli ultimi sviluppi dell’inchiesta romana, infatti, è stato proprio Sica – come dice lui stesso in una intercettazione – ad aver preparato una “valanga mediatica” contro Caldoro.
QUESTE INTERCETTAZIONI “NON SON DA FARE” – Ed ecco il resoconto delle intercettazioni dell’attuale assessore all’Avvocatura della Regione Campania e presunto “complottista” ai danni del suo attuale Presidente. Era il 21 gennaio del 2010. Arcangelo Martino ed Ernesto Sica parlano delle imminenti elezioni. Sica: “Tu pensi una valanga mediatica sia opportuna? No, ci vorrebbe un regista mediatico bravissimo“. Martino: “Eh, certo bravo […]“. Sica: “Altrimenti diventa debole, hai capito?“. Nei giorni seguenti, secondo il giudice, continuarono i dialoghi tra Martino, Sica e Flavio Carboni al fine di perseguire “anche il progetto di una diffamazione realizzata in maniera clamorosa”. Sica disse: “Dico, mo’ tanto uscirà quella bomba e uscirà al momento opportuno“. Pochi giorni dopo, il 27 gennaio Sica commentava con Martino: “Scusa hai visto come è stato semplice chiedere un passo indietro in Puglia?“. Martino: “Ma quello, ma lui, quando sta costruendo il dossier, lo costruisce per fare questo, sennò, scusa, che senso avrebbe?“. L’indomani, il 28 gennaio, Sica ha mandato un fax a Martino con le informazioni da usare contro Caldoro. Per Martino, tuttavia, erano “dati generici e non documentati“. Sica gli replicò: “Basta che gli dici che: “[…] il vizio è pesante“. Il dossier su Caldoro, pubblicato sul sito campaniaelezioni.altervista.org, accennava a presunte frequentazioni con transessuali del neogovernatore, in “stile Marrazzo”. Secondo la ricostruzione del Gip, lo stesso Caldoro viene informato, probabilmente con l’intenzione di costringerlo a farsi da parte. Martino spiega sempre a Sica: “Io so che a lui glielo hanno anche detto, lo hanno chiamato […] E lui ha negato tutto, dice: ma no, ma quando mai, ma qua e là. Però è molto abbacchiato, molto giù, nega […]“.
IL WATERGATE AZZURRO SOTTO IL VESUVIO – Tra l’otto e il nove febbraio, annota il gip, “trova infine compimento il piano diffamatorio“. L´otto febbraio un sms avvisa Martino: “Dici a Nicola – Cosentino? – che dovrebbe uscire il rapporto di Caldoro con i trans, forse del problema ha parlato anche un pentito, che fine abbiamo fatto, siamo finiti in un mondo di froci, povero Berlusconi“. In serata Sica e Martino discutono di quello che sta per diventare di pubblico: “Domani intorno alle 4 e mezza […]“, conferma Sica. E Martino gli replica: “Eh, bello questa mi pare proprio ‘na bella cosa”. Nel tardo pomeriggio del 9 febbraio, sottolinea il giudice, Sica “con tono di finta e scandalizzata sorpresa informa Martino che sul web è stata pubblicata una notizia infamante su Caldoro“. Sica chiamò Martino: “Una cosa incredibile, dice: un Marrazzo in Campania, nuovo caso Marrazzo!“. E Martino: “Che attacco di merda, ma come si permettono?“. Il dialogo prosegue con toni stupiti per concludere: “Eh, vedi è proprio debole ’sto candidato“… Quel giorno stesso, infatti, sul sito, viene pubblicato un articolo dal titolo: “Un Marrazzo in pectore: le passioni strane di Caldoro” che, rileva il giudice della procura romana, “trova rispondenza con le conversazioni dei giorni precedenti”. Tra l’altro si fa riferimento agli hotel Miravalle ed Excelsior. L’ultimo è citato in una conversazione tra Sica e Martino del 28 gennaio; il Miravalle invece nella conversazione tra l’onorevole Cosentino e Martino del 18 gennaio: “Sta a via degli Astroni […] l’anno dovrebbe essere tra il ‘99 e il 2000 […] sarebbero o quelli di Traiano o di Napoli non si capisce bene […] roba di carabinieri“. Nei giorni successivi Seguono delle nervose conversazioni tra Martino e Sica, poiché nessuno o quasi riprende la notizia sulla stampa. Martino: “Questo nella sua megalomania dice: vabbè ma se è così, sto sitino fatelo oscurare […] se non c’è un irrobustimento“. Caldoro, infatti, si rivolge alla magistratura e presenta querela per diffamazione. Il giorno precedente l’articolo diffamatorio – quando si dice le combinazioni della vita – era sparito dal sito.
TU VUÒ FA O’MERICANO? – Nicola Cosentino, oggi dice di cadere dalle nuvole: “Io contro Stefano? Ma se a metà gennaio, vale a dire prima della pronuncia della Cassazione, avvenuta il 29 gennaio, sul ricorso avverso l’ordinanza del gip di Napoli nei miei confronti, sono stato io a presentare la sua candidatura. Come si fa a dire che io avrei complottato contro Caldoro per prendere il suo posto?“. Sarà… ma a tutti è nota l’idiosincrasia di O’Mericano per l’attuale governatore. In campagna elettorale i due si sono praticamente ignorati. L’assessore all‘Urbanistica, l’ex finiano Marcello Taglialatela, che in molti vedono come il prossimo candidato Sindaco del centrodestra al Comune di Napoli, ha provato a buttare acqua sul fuoco della polemica: “Sembra di assistere a un film di Totò: non riesco a immaginare un complotto contro il presidente. Io penso che in quelle conversazioni telefoniche ci sia molto di millantato“. Già, manca solo la solita accusa che qualcuno – i giudici al soldo dell’opposizione – hanno deliberatamente rovistato nella privacy di questi poveri cristi! Un altro assessore regionale, l’ex generale della Finanza, Gaetano Giancane, fa invece sapere che Caldoro è “sereno e determinato”. Chissà se era ugualmente “sereno e determinato” quando ha varato la sua giunta “etero-diretta” con dentro pure il nome dell’odiato Sica? Interrogativi a cui qualcuno farà bene a dare una pronta risposta. Qui, in gioco non è solo la vita di un “partito di plastica” con dirigenti impegnati, un giorno si e l’altro pure, a tirarsi addosso copiosi schizzi di fango se non di merda, per parafrasare sempre uno degli intercettati. È, invece, in gioco la nostra stessa democrazia o, almeno, quella che abbiamo conosciuta così fino ad oggi.
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