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Le tante bugie tra Nord e Sud

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Non si verrà mai a capo della divisione Nord/Sud se non si aggrediranno certe costruzioni ideologiche che funzionano da schermo, che impediscono di vedere la realtà, e di fatto la legittimano e la perpetuano. Mi riferisco, in primo luogo, a quella «teoria del colonialismo interno» abbeverandosi alla quale sono cresciute intere generazioni di meridionali. È la teoria secondo cui, dall’Unità in poi, il Sud sarebbe stato vittima della colonizzazione, con annesso sfruttamento, del Nord.

Come tutte le costruzioni ideologiche, la teoria mescola qualche verità e molte bugie. Essa ha dato luogo a una «sindrome da risarcimento» che ha legittimato per decenni un colossale trasferimento di risorse pubbliche dal Nord al Sud. Poco male se si fosse trattato di una «bugia utile», se fosse servita a colmare il divario, a creare nel Sud le condizioni per uno sviluppo economico auto-sostenuto. Ma quella strada ha portato solo a disastri: dilatazione della intermediazione politica, gonfiamento dei ceti politico- burocratici, parassitismo, corruzione, alimentazione della criminalità. Il contrario di ciò che serve allo sviluppo. Ma, nonostante l’evidenza, teoria del colonialismo interno e sindrome da risarcimento sono tuttora vive, influenzano gli atteggiamenti e i comportamenti di molti meridionali.

Quale altra fonte di legittimazione potrebbe avere, ad esempio, la ventilata Lega del Sud?
 Anche al Nord, naturalmente
, abbondano stereotipi e costruzioni ideologiche. Nella diffusa idea che il Sud sia solo una palla al piede per lo sviluppo del Nord convivono verità (sull’oggettivo costo del Sud) e bugie. È falso che il Nord non pagherebbe alti prezzi facendo a meno del Sud. Amputata del Sud, quanto meno, l’Italia subirebbe un drastico declassamento in Europa, cesserebbe di essere uno dei quattro grandi Stati europei. È comunque ovvio che il Nord possiede le carte migliori. È un’asimmetria di cui le classi dirigenti del Mezzogiorno devono tener conto.

Il Sud ha di fronte due strade: la via «brasiliana» e la via «slovacca». Esistono certe interessanti analogie fra la storia dell’America Latina e quella del Sud d’Italia. Per un lungo periodo, le classi dirigenti latinoamericane coltivarono nei confronti degli Stati Uniti lo stesso atteggiamento di molti meridionali italiani nei confronti del nostro Nord. Attribuendo all’imperialismo yankee la causa del proprio sottosviluppo i latinoamericani si autoassolvevano da ogni responsabilità e, con i loro comportamenti, perpetuavano il sottosviluppo. Poi in alcuni Paesi (Brasile, Cile ed altri), le classi dirigenti si sono rinnovate rimuovendo alcuni degli antichi vizi. Anziché continuare ad imputare ad altri la colpa delle proprie disgrazie hanno inaugurato vere politiche di sviluppo che hanno dato in brevissimo tempo grandi frutti. Abbandonare la sciagurata teoria del colonialismo interno è necessario perché il Sud possa cominciare a seguirne le orme.

In alternativa, il Sud può scegliere la via slovacca. La Slovacchia era la parte più povera della Cecoslovacchia. Gli slovacchi tirarono troppo la corda, pretesero troppe risorse. Minacciarono anche la secessione. I cechi risposero: accomodatevi. E secessione fu. Sarebbe assai più utile per il Sud, e per l’Italia tutta, se il Mezzogiorno (magari sfruttando l’occasione del varo del federalismo fiscale) si decidesse ad imboccare la via brasiliana.

Di Angelo Panebianco opinionista Corriere della Sera

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