Lavoro disumano: a rischio Mondiali del Qatar
Nuova ondata di critiche nei confronti della FIFA che ha designato il Qatar come paese ospitante dei mondiali di calcio del 2022. Una scelta criticata dai sindacati internazionali dell’ITUC, dai sindacati italiani, dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani e dalla stessa ILO considerando che le condizioni di lavoro degli operai addetti alla costruzione delle strutture non sono conformi ai principali standard internazionali.
Di fronte alle pressioni della comunità internazionale, l’atteggiamento di Doha è stato quello di proporre una nuova carta dei diritti del lavoro che, sostanzialmente, non risolve nessuno dei problemi esposti. E’ allora la FIFA che deve prendere una posizione considerando che, di fronte alla reticenza del Qatar nel garantire il rispetto degli standard minimi, sono sempre più le voci che si alzano a favore di un cambiamento di sede per la kermesse iridata. La FIFA è inoltre chiamata a rivedere gli stessi meccanismi di designazione delle sedi per le sue manifestazioni sportive considerando le contestuali critiche ricevute per l’aver affidato alla Russia l’organizzazione dei mondiali del 2018. Anche in questo caso, le notizie relative alle violazioni dei diritti dei lavoratori si inseguono senza soluzione di continuità. Quanto avvenuto nella preparazione delle Olimpiadi di Sochi, dove si sono verificati episodi gravissimi di sfruttamento dei lavoratori migranti, non lascia affatto indifferente la comunità internazionale, come conferma il recente rapporto di Human Rights Watch.
La situazione dei lavoratori in Qatar continua dunque ad essere estremamente difficile. Secondo le stime dell’ITUC, circa il 94% degli operai impiegati nei siti di costruzione, quasi un milione e mezzo di persone, è infatti di origine straniera, non gode di alcuna tutela e percepisce salari di poco più di 3 mila dollari all’anno. L’impossibilità di formare o di aderire a un sindacato non comporta solo salari da fame ma determina pessime condizioni di salute e sicurezza, come dimostrano le oltre 400 persone che perdono la vita nei cantieri ogni anno. Un numero destinato a crescere considerando che la forza lavoro nei siti del Qatar aumenterà di circa il 50% grazie agli oltre 100 miliardi di dollari di investimenti previsti nei prossimi dieci anni. All’origine dello sfruttamento c’è il sistema di assunzione denominato kafala, basato sulla sponsorizzazione da parte dei datori che ottengono così il controllo totale dei lavoratori e dei loro passaporti alimentando vere e proprie condizioni di lavoro forzato.
La risposta del Qatar alle sollecitazioni, affinché rivedesse il sistema di impiego e favorisse la creazione di forme di rappresentanza fra i lavoratori, è stata però debole e particolarmente indicativa della reale volontà del paese di preservare lo status quo piuttosto che collaborare attivamente con la comunità internazionale. I nuovi standard proposti dal Qatar non risolvono infatti nessuno dei problemi denunciati con misure che sembrano più puntare a cambiare la forma che la sostanza. Particolarmente dura la reazione di Sharan Burrow, segretario generale dell’ITUC, nel commentare le proposte provenienti da Doha: “Non un singolo cambiamento è stato apportato alle leggi del Qatar che negano i diritti fondamentali del lavoro – ha detto la Burrow – e il diritto per i lavoratori migranti di essere rappresentati da un sindacato continua a essere negato”. Parlando al Parlamento europeo, il segretario dell’ITUC ha definito il Qatar uno “stato schiavista” ed ha chiesto alla FIFA di incrementare la pressione su Doha affinché cambi le sue leggi: “Imprese, governi e la stessa FIFA – ha concluso la Burrow – non si devono rendere complici del trattamento di natura schiavista riservato ai lavoratori del Qatar e del crescente bilancio di morte; le nostre stime confermano che prima che un pallone sia calciato nel 2022, ben 4000 persone saranno decedute”.
Il richiamo per un’azione più forte e decisa è stato sottoscritto dal rappresentante dell’ILO Gilbert Houngbo, presente all’audizione parlamentare presso l’Unione Europea, che ha sottolineato la necessità di un approccio integrato che tenga in conto la questione migratoria, quella del lavoro e quella legislativa in un contesto di sostanziale convergenza verso gli standard internazionali. Per elaborare e applicare le riforme, ha sottolineato Houngbo, è però necessario garantire ai lavoratori la possibilità di associarsi e di esprimere liberamente la propria opinione. Senza questa precondizione, ogni misura rischia di essere dunque inattuabile. In un’ottica di “chiaro impegno da parte delle autorità del Qatar”, Houngbo ha infine espresso la disponibilità dell’ILO nel lavorare congiuntamente alle parti per risolvere al più presto le questioni più urgenti.
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