La speculazione e i panni sporchi
Sembra che i rapporti fra Tony Blair e Gordon Brown, quando il primo era capo del governo e il secondo cancelliere dello Scacchiere, fossero pessimi. Avevano concluso un accordo: Blair se ne sarebbe andato durante il suo terzo mandato e Brown sarebbe diventato primo ministro con un certo anticipo rispetto alle elezioni successive. Ma Blair resistette più del previsto e trasformò la sua uscita di scena in una lunga e lentissima marcia trionfale. Vi furono probabilmente discussioni e baruffe. Ma in pubblico i due uomini politici si comportarono come se fossero legati da imperitura amicizia. Ipocrisia? Forse, ma anche e soprattutto buon senso. Sapevano che se avessero sciorinato in pubblico i panni sporchi delle loro relazioni personali, lo spettacolo delle loro intemperanze avrebbe nuociuto al prestigio del governo.
È inutile pretendere dai politici italiani il galateo dei loro colleghi britannici. Ogni Paese ha i suoi gusti, il suo stile, la sua opinione pubblica. Ma quello che è accaduto negli scorsi giorni non ha, anche da noi, precedenti. Il presidente del Consiglio ha detto che il suo ministro dell’Economia «non fa gioco di squadra», crede di essere un genio, è convinto che tutti gli altri siano dei cretini. In uno sketch separato il ministro dell’Economia ha definito infatti «cretino», sia pure a mezza voce, un collega di governo che partecipava con lui alla stessa conferenza stampa. E sul problema della clausola che avrebbe permesso all’azienda del premier di ritardare l’eventuale pagamento di una grossa ammenda, Berlusconi e alcuni suoi ministri hanno fatto dichiarazioni con cui si accusavano a vicenda, in sostanza, di avere mentito. Il governo si è ripetutamente battuto (a mio avviso con ragione) contro l’uso improprio e spregiudicato delle intercettazioni telefoniche. Ma a che cosa serve ascoltare le conversazioni private dei suoi membri quando è più che sufficiente ascoltare o leggere i loro interventi pubblici?
Questi episodi potrebbero essere i sintomi di un progressivo sfaldamento della maggioranza. Quando il futuro di un patto di governo diventa incerto, i freni inibitori dei soci tendono ad allentarsi. Se questo avvenisse in una fase in cui la legislatura sta per concludersi, poco male. Ma il Pdl e la Lega non sono pronti a nuove elezioni, l’opposizione non sembra volerle con sufficiente fermezza e lo scioglimento delle Camere a breve termine, salvo imprevedibili incidenti di percorso, appare per il momento improbabile. Il rischio, quindi, è che questo indecoroso spettacolo vada in scena ancora per parecchi mesi. L’Italia non può permetterselo. La lentezza con cui l’eurozona sta affrontando la crisi greca ha avuto per effetto il progressivo allargamento dell’area dei Paesi vulnerabili. La speculazione va a caccia di carne fresca e ha messo gli occhi sull’Italia. La manovra del ministro dell’Economia è probabilmente la migliore delle risposte possibili, ma il bisticcio delle scorse ore fra Berlusconi e Tremonti verte per l’appunto sul suo rigore e incoraggia coloro che sono pronti a scommettere sul suo annacquamento. Non basta. Se il differenziale fra i bond italiani e quelli tedeschi aumenta, i dati su cui la Finanziaria è stata calcolata verranno rapidamente superati dagli avvenimenti. Una delle accuse preferite da Silvio Berlusconi è quella indirizzata contro chi «rema contro». Che cosa dire di un governo che rema contro se stesso?
Di Sergio Romano, opinionista Corsera