La ripresa globale e lo spettro di una nuova crisi
Nel 2010 la ripresa economica è destinata a consolidarsi un po’ ovunque, sancendo lo scampato pericolo di una profonda depressione stile anni ’30. Si aprirà tuttavia un periodo prolungato di costosi aggiustamenti e diffuse debolezze, come avvenuto in passato dopo crisi finanziarie altrettanto drammatiche. L’attività economica tenderà così ad aumentare a livello mondiale a ritmi contenuti, molto al di sotto della media delle fasi di espansione più recenti. Ancora più modesta sarà la crescita dei paesi dell’area Ocse, che impiegheranno molti anni per ritornare ai livelli di reddito precedenti la crisi, mentre un contributo sempre più rilevante verrà dalle aree e paesi emergenti.
La debolezza della spesa privata negli Stati Uniti
Soprattutto il gruppo dei paesi più sviluppati (Stati Uniti, Europa e Giappone) dovrà fronteggiare nel prossimo anno un periodo di crescita modesta (1,6 – 1,8 per cento), mentre famiglie, imprese e intermediari finanziari cercheranno di riaggiustare i loro dissestati bilanci. Sarà soprattutto l’occupazione a risentirne, con aumenti generalizzati dei tassi di disoccupazione ancora nella prima parte del 2010 e un lento impercettibile riassorbimento dell’elevato numero di disoccupati a partire dall’autunno del prossimo anno.
A sostenere l’attività produttiva nella prima parte del 2010 sarà il ciclo di forte ripresa delle scorte e, ancora, gli ingenti stimoli monetari e fiscali messi in atto dai governi in tutte le maggiori aree. Poi questi effetti verranno gradualmente meno e per consolidare la nuova fase espansiva serviranno robusti incrementi della spesa privata, consumi e investimenti, che rappresentano da sempre gli insostituibili motori della crescita delle economie di mercato. Ma il rilancio della spesa privata, a causa dell’enorme eccesso di debito accumulato dal settore privato (famiglie, istituzioni finanziarie e imprese) e del suo riassorbimento, si prevede incontrerà non poche difficoltà in tutti i maggiori paesi, soprattutto negli Stati Uniti.
L’economia americana si sta faticosamente riprendendo dalla recessione degli ultimi quattro trimestri, per ora più lentamente di quanto apparso in un primo momento. L’incremento dei consumi privati, in particolare, si sta rivelando più debole delle stime iniziali, accrescendo i timori di una possibile scarsa tenuta della domanda effettiva nella seconda parte dell’anno, allorché il ciclo delle scorte comincerà a ridurre il proprio impatto positivo sugli ordini delle imprese. Le previsioni più diffuse intravedono così una dinamica di crescita dell’economia americana piuttosto sostenuta nel 2010, intorno al 2,5%, ma destinata a rallentare nel corso dell’anno, tanto da determinare incrementi ancora più bassi nel 2011 (intorno all’1,4%), in assenza di ulteriori consistenti stimoli sul fronte delle politiche economiche.
Una convalescenza ancora più lunga per Europa e Giappone
La più recente revisione dei dati sulla ripresa dell’economia giapponese non ha offerto motivi di conforto: vi è stato un drastico ridimensionamento del ritmo di incremento registrato nel terzo trimestre del 2009, dal 5% inizialmente stimato ad un modesto 1,3% di crescita annua. Le previsioni sugli investimenti delle imprese si presentano inoltre particolarmente modeste e, se associate alle preoccupazioni degli esportatori per un prevedibile rafforzamento dello yen nel prossimo futuro, spiegano le prospettive di crescita lenta nel 2010 e per l’anno successivo (rispettivamente 1,4% e 1,0%).
Anche l’Europa sta approfittando della ripresa internazionale ed è tornata a crescere grazie agli stimoli delle politiche economiche, al rilancio della domanda e del commercio mondiali, agli effetti positivi del ciclo di ricostituzione delle scorte. Sono tendenze certamente confortanti dopo la drammatica recessione dell’ultimo anno (-4% la media di riduzione del Pil per l’area dell’euro nel 2009). Ma le previsioni parlano di una ripresa particolarmente contenuta nel prossimo anno e ancora nell’anno successivo (crescita dello 0,9% nel 2010 e un altro anemico incremento intorno all’1% nel 2011). Sono performance deludenti, inferiori addirittura a quelle degli Stati Uniti, e che discendono dagli effetti pesantemente negativi conseguenti alla crisi. Soprattutto con riferimento alle perdite in termini di diminuito potenziale di crescita che ne sono derivate, in particolare per i paesi dell’Eurozona (un significativo abbassamento allo 0,7% per il biennio 2009-2010). Anche nell’Est Europa è ripartita la ripresa, ma con ritmi per ora molto inferiori a quelli del passato (la previsione è per un incremento intorno all’1,7% nel 2010). Non va dimenticato che la crisi globale ha penalizzato fortemente l’intera regione (la contrazione del Pil dovrebbe risultare superiore al 6% nel 2009) e il percorso di uscita dagli eccessi reali e finanziari del passato sarà necessariamente lungo e difficile per la maggior parte delle economie dell’area.
La crescita e i nuovi mercati dei paesi emergenti
Chi riuscirà a fare meglio saranno i paesi e le aree emergenti: le previsioni individuano ritmi di crescita complessiva nel 2010 e nell’anno successivo tre volte più elevati (intorno al 5,9%) di quelli dell’area Ocse, pur con forti differenze tra i singoli paesi in conseguenza di strutture e condizioni di base assai diverse.
Sarà ancora una volta l’Asia del Pacifico a crescere mediamente più di tutti nel 2010 (6,5%). Questa volta non grazie alle esportazioni, come sempre avvenuto in passato, ma agli enormi incrementi di spesa pubblica di molti paesi dell’area, innanzi tutto della Cina. Riguardo all’economia cinese, la sua crescita ha fatto registrare di recente una ulteriore accelerazione per cui le previsioni di incremento del Pil sono state riviste verso l’alto per il 2010 (9.3% l’ultima stima). Anche l’America Latina sta mostrando dinamiche nel complesso soddisfacenti di uscita dalla crisi e ha evitato finora crolli a livello locale di natura finanziaria e valutaria, a differenza di quanto sperimentato nei passati decenni. Negli ultimi mesi molte economie dell’area sono riuscite a posizionarsi rapidamente sul nuovo sentiero di ripresa delineatosi a livello internazionale, migliorando così sensibilmente le prospettive di crescita dell’area nel suo complesso per il 2010 (+3,2%). Ciò vale in particolare per quei paesi latinoamericani che forniscono materie prime alla Cina e al resto dell’area asiatica, a partire innanzi tutto dal Brasile.
Il dato da sottolineare è che l’accelerata crescita delle aree emergenti e lo sviluppo di nuovi mercati di consumo in paesi quali la Cina, l’India, il Brasile, determineranno mutamenti significativi nella composizione della domanda mondiale nei prossimi anni. La quota sui consumi mondiali delle economie emergenti più sviluppate (Cina e India in primo luogo) è destinata a crescere significativamente, fino ad avvicinare gradualmente il peso dei paesi oggi più sviluppati. Non a caso la presenza su questi nuovi mercati è già divenuto un obiettivo prioritario nelle strategie di espansione a medio termine di molte grandi imprese occidentali.
La minaccia di una nuova crisi
La fase di ripresa porterà nuovamente alla ribalta nel prossimo anno il problema degli squilibri macroeconomici globali: con persistenti disavanzi delle bilance correnti di alcuni paesi (Stati Uniti soprattutto) e forti simmetrici surplus di altri (Cina e Germania in testa). Non va dimenticato che, unitamente alle sregolatezze della finanza, gli squilibri macroeconomici, accumulatisi a partire dalla fine degli anni novanta, hanno offerto un contributo determinante all’esplosione della crisi finanziaria. La recessione dell’ultimo anno li ha notevolmente ridotti, ma si è trattato di un effetto temporaneo, di natura congiunturale, e che verrà meno con il consolidarsi della ripresa internazionale.
È facile prevedere così che gli squilibri globali torneranno ad assumere proporzioni consistenti il prossimo anno e nel successivo. Si riproporranno così una serie di problemi sul piano macroeconomico già sperimentati in passato e tornerà a crescere il rischio di una nuova crisi finanziaria globale nel prossimo futuro, con drammatici effetti che è purtroppo facile immaginare.
Per scongiurarla servirebbe avviare, da subito, un processo di profondi aggiustamenti e rinnovate politiche macroeconomiche nei maggiori paesi, a partire da quelli in avanzo (Cina e Germania) e in deficit (Stati Uniti). La lezione del passato, tuttavia, è che tali virtuosi cambiamenti non possono derivare dalle decisioni e iniziative autonome dei singoli paesi, perché gli interessi di questi ultimi configgono con quelli di sistema. Si tratta di un classico problema di azione collettiva che per essere risolto richiede un regime di forte concertazione e cooperazione macroeconomica internazionale.
Il G20, promosso a nuovo direttorio dell’economia mondiale nel vertice di Pittsburgh nel settembre 2009, si è dato tra i suoi compiti quello di favorire la costruzione di tale regime, ma senza essere ancora riuscito a definire procedure e mezzi adeguati. A questo riguardo il 2010 sarà un anno molto importante con scadenze di grande rilievo per il G20 e per il processo di definizione di una nuova governance economico globale. Sarebbe estremamente grave non riuscire a sfruttarle.
Di Paolo Guerrieri professore ordinario alla ‘Sapienza’ Università di Roma e Vice-presidente dello Iai.