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La riforma sanitaria di Obama è ferma al palo

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Dalle minacce al dialogo. La Casa Bianca ha cambiato strategia e ora tende, e vuole, la mano ai repubblicani per far passare l’Healt care bill. A pochi giorni dall’ultimatum del “budget reconciliation” – votare la legge con procedura semplice e approvarla con i soli 60 voti democratici – il presidente statunitense Barack Obama fa retromarcia e invia una lettera aperta a quattro leader parlamentari con la quale si dice pronto ad accogliere ben quattro proposte avanzate dalle fila dell’opposizione. Il tono usato dal numero uno dei democratici è quello accondiscentente e pacato di chi è consapevole che la partita politica più delicata del proprio programma elettorale è arrivata a un crocevia.

Riconoscimenti diplomatici. “Cari speacker Pelosi (Nancy, democratica ndr), senatore Reid (Harry, dem.), senatore Mcconnel (Mitch, repubblicano) e deputato Boehner (John, rep.). Vi ringrazio ancora – si legge nella nota – per il tempo, l’energia e la preparazione investiti nella riunione bipartisan di giovedi scorso sulla riforma dell’assicurazione medica. Ho sempre creduto che il nostro processo legislativo funzioni al meglio quando le due parti possano discutere sulle differenze e sugli obiettivi comuni in modo aperto e onesto, e mi fa molto piacere che il nostro incontro a Blair House abbia offerto al popolo americano e ai loro rappresentanti eletti una rara opportunità per esplorare diverse proposte per la riforma sanitaria”. “Lavoro di squadra”, di tutta la squadra degli onorevoli Usa, sembra essere dunque la nuova parola d’ordine dettata dall’inquilino della Casa Bianca che continua a sollecitare, malcelando una certa impazienza, l’unanimità di voto. Rinvio dopo rinvio, la riforma sanitaria sembra procurare a Obama solo grattacapi e non solo per il blocco in sede di votazione, ma anche e soprattutto perchè i continui stravolgimenti nell’approccio politico con la controparte stanno minando la credibilità del presidente e di tutto il suo ticket. Le falle nel sistema comunicativo, una volta la punta di diamante dell’ex senatore dell’Illinois, sono sempre più profonde e hanno ridotto l’appoggio degli americani al 44 percento e il numero dei sostenitori accaniti a uno scarno 22 percento.

Il compromesso. Ormai è diventato inevitabile per uscire dall’empasse. Obama ha scritto di essere favorevole alle quattro proposte repubblicane: combattere le frodi tramite l’impiego di osservatori che, sotto copertura, entrino nelle sedi ambulatoriali per scoprire e denunciare illeciti; aumentare i tassi di pagamento Medicaid – programma federale sanitario per gli individui e le famiglie a basso reddito – ai medici, agli ospedali e alle strutture sanitarie in genere; offrire garanzie agli Stati per limitare le cause di negligenza medica; espandere l’uso di conti di risparmio sanitari in collaborazione con le polizze assicurative deducibili.
Alle 19.45 (ora italiana) il presidente terrà una conferenza stampa per esporre la soluzione finale fra queste istanze e i punti del piano originario dallo stesso definiti “urgenti e irrinunciabili”.

Ultimo scoglio. È rappresentato dalla proposta, mai scartata, sull’assistenza sanitaria statale per le donne che vogliono abortire. Definita dagli obamiani di ferro come la “wild card” della riforma è, al contempo, un punto sul quale nessun repubblicano è intenzionato a cedere. Dopo l’abbandono della public option (assicurazione di Stato) pare inconcepibile una seconda concessione da parte della maggioranza. Con questi presupposti il varo ufficiale del “sogno sanitario” sembra irraggiungibile. E pare proprio che neanche il discorso più lungimirante del presidente possa far credere a una svolta.

Antonio Marafioti (Peace Reporter)