La green economy è una miniera d’oro
Gli economisti restano divisi tra chi interpreta la crisi economico finanziaria dell’ultimo biennio come un evento che ha spezzato (per alcuni per sempre) il modello di sviluppo e di distribuzione del reddito finora vigente e chi prevedere “solo” che il mondo abbia finito di crescere del 3%-4% all’anno (sempre che il Pil si possa ancora considerare un valido metro per giudicare la crescita, essendoci dubbi anche al riguardo) e si avvia a una lunga fase storica di crescita bassa, tra l’1% e il 2%, condita da un ritorno ad un pesante interventismo statale e da un attacco fiscale (crescita delle imposte) e salariale (crescita delle paghe reali) ai profitti.
Come si esce da un simile scenario, che peraltro alcuni esperti, come Jim O’Neill (capo economista di Goldman Sachs), mettono in dubbio parlando di un ritorno ad una situazione “normale” proprio grazie all’esplosione di produttività e al riequilibrio su basi più solide della crescita mondiale? Una risposta interessante viene da uno studio di Allianz Global Investors condotto negli Stati Uniti e focalizzato sugli investimenti ambientali.
Secondo tale studio l’ambiente contribuirà a salvare l’economia dalla crisi: il 73% degli investitori intervistati ritiene infatti che l’adozione di politiche a sostegno di pratiche e tecnologie verdi avrà un impatto positivo sulla crescita economica, mentre il 57% afferma che i recenti stimoli alla creazione di posti di lavoro nel settore “verde” imprimeranno realmente svolta alla crescita economica.
Stretto tra le difficoltà di far passare la riforma sanitaria (che estende la copertura medica a quasi 30 dei 46 milioni di americani che ne sono tuttora privi, ma che costa 950 miliardi di dollari nell’arco del prossimo decennio) e le resistenze del settore finanziario all’introduzione di qualsiasi normativa più severa delle attuali per rimuovere il rischio di azzardo morale (riedizione a stelle e strisce dell’abitudine anche italiana di privatizzare gli utili e socializzare le perdite), Barack Obama sembra avere a sua volta individuato l’ambiente come una delle poche carte in mano per cercare di scuotere l’elettorato americano in vista delle elezioni di mid-term di quest’autunno (e della partita per il secondo mandato, tra poco più di due anni).
Così nel suo discorso sullo stato dell’Unione Obama ha ribadito che “la nazione che sarà alla guida di un’economia che funzioni con energia pulita sarà la nazione che guiderà l’economia globale. E quella nazione deve essere l’America”. Una dichiarazione forte, avvalorata da concreti provvedimenti a favore del settore, che sembra aver convinto gli investitori, tanto che il 63% degli intervistati classifica l’ambiente come la più interessante opportunità di investimento tra le 11 categorie citate nelle domande e che dal 2007 al 2009 il numero degli investitori che dichiarano di avere già investito in società che hanno abbracciato il trend delle tematiche ambientali (il 17% nel 2007, contro il 29% nel 2009) mostra un incremento del 70%, mentre il 54% afferma che intende investirvi entro i prossimi 12 mesi.
Tra l’altro, sebbene l’investimento in tematiche ambientali sia in genere associato a una filosofia di finanza etica e alla percezione che si otterranno rendimenti meno brillanti e più volatili che non investendo nelle classiche “blue chip” di borsa, l’indice FTSE ET50 (dove ET sta per Eco Trends, ndr), formato dalle 50 maggiori società ambientali “pure play” in termini di capitalizzazione di mercato, a livello globale, nell’ultimo decennio si è visto che investire nell’ambiente offre gratificazioni al portafoglio: se dal gennaio 2001 al dicembre 2009 l’indice S&P500 della borsa di New York ha guadagnato mediamente l’1,3% all’anno, l’FTSE ET50 ha portato a casa quasi il doppio, il 2,8% medio annuo, sia pure al costo di una maggiore volatilità.
Di Luca Spoldi (Affaritaliani)