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Italia: record per sommerso e Iva evasa

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Il nostro paese rimanda da anni una riforma fiscale strutturale, che alleggerisca davvero il peso delle tasse su lavoratori dipendenti e pensionati. La pressione fiscale resta alta, così come lo resta l’evasione, il nero, l’irregolarità.

Le cose sono strettamente collegate. D’altronde, persino nel 2020, l’anno della pandemia, della recessione e l’ulti mo anno per cui sono disponibili i dati Istat sull’economia sommersa, essa ha raggiunto un valore di 174 miliardi e 649 milioni miliardi di euro. Un enormità, tanto più in un anno di economia ferma, redditi ed evasione ridotti.

Negli ultimi anni, tuttavia, qualcosa si è mosso. Il picco più recente sul fronte dell’evasione si è infatti raggiunto nel 2014, quando i redditi nascosti al fisco hanno raggiunto i 212 miliardi e 22 milioni, ovvero il 13% del prodotto interno lordo. Questa percentuale è poi scesa al 12,2% nel 2016, ed è rimasta su livelli simili anche nel 2017. Nel 2018 e nel 2019, poi, si è assistito ad un’ulteriore riduzione del sommerso sia in termini monetari che relativi, al punto che prima della pandemia i 203 miliardi e 304 milioni nascosti al fisco rappresentavano l’11,3% di tutto il Pil. Nel 2020 questa porzione è calata ancora, al 10,3%.

Tuttavia, l’Italia, secondo l’ul timo rapporto della Commissione europea sulla materia, è il primo paese dell’Unione europea per Iva non riscossa (in valori assoluti). Nel 2020 il divario tra la quanto effettivamente incassato dallo Stato e gettito atteso dall’imposta è stato di 26,2 miliardi (20,8% del totale). In Francia il divario è di 14 miliardi (8%) e in Germania di 11,1 miliardi (4,8%). In termini percentuali l’Italia è preceduta da Malta (24,1%) e dalla Romania (35,7%).

Alcune novità importanti, sul fronte della lotta al fenomeno, sono state introdotte. È il caso della fatturazione elettronica e del sostegno all’uso delle transazioni digitali, con obbligo di accettare pagamenti digitali e multe per chi non lo rispetta. Misure che funzionano. E non a caso, quando il governo ha provato ad alzare il limite oltre il quale si possono rifiutare pagamenti tramite carte, l’Europa ha esercitato la propria moral suasion.

Nel Def, all’interno della sezione dedicata alla lotta all’evasione fiscale, compare l’ipotesi che il Pos possa diventare uno strumento utile anche a scovare i “furbetti” delle tasse. In pratica si tratterebbe di un meccanismo basato sull’in crocio di dati relativi alle sanzioni, agli identificativi degli strumenti di pagamento elettronico e alla fatturazione digitale. Il non utilizzo del Pos potrebbe trasformarsi in un indicatore di evasione. A quel punto, il Fisco si metterebbe direttamente in contatto con il commerciante o il professionista in questione.

Nonostante alcune resistenze da parte degli esercenti, dai pagamenti digitali non c’è ritorno. Nel 2022 le transazioni hanno raggiunto i 397 miliardi di euro, pari al 40% dei consumi. Un valore che include sia i pagamenti basati su carte e wallet, che crescono del 18% a 390 miliardi di euro, sia quelli basati su conto, non alimentati da carte, pari a 7 miliardi di transato. In negozio, 7 transazioni digitali su 10 vengono oggi effettuate tramite carta contactless, smartphone o smartwatch.

Conquiste del Lavoro aprile 2023