Interrogativo pensioni
Iniziato l’iter della riforma previdenziale. Il sindacato presenta un pacchetto di modifiche. Ecco i punti cruciali.
San Marino, 2 agosto 2005
Come cambieranno le nostre pensioni? Con l’avvio dell’iter consigliare sulla riforma previdenziale questo interrogativo terrà banco per molti mesi sul Titano. E il sindacato ha inviato al governo un pacchetto di modifiche.
La Centrale Sindacale ha spedito lunedì 1 agosto un documento con proposte e osservazioni sui progetti di legge di riforma delle pensioni e delle politiche del lavoro. Progetti presentati in prima lettura nella seduta consiliare di luglio.
Quale riforma previdenziale? Su questo nodo cruciale per il futuro di migliaia di lavoratori il sindacato ha avanzato una serie di modifiche finalizzate a migliorare e completare il progetto legislativo.
Ecco i principali punti della proposta inviata all’Esecutivo.
Età pensionabile
Rispetto al periodo di tempo e ai meccanismi indicati dalla proposta di legge del governo per portare l’età pensionabile a 65 anni, la Centrale Sindacale chiede di stabilire una maggiore gradualità e progressione nell’innalzamento dell’età pensionabile.
Anni di contributi
Circa il punto sui requisiti anagrafici e contributivi, in cui si prevede il diritto di andare in pensione a 60 anni di età e con un’anzianità contributiva di 40 anni (il parametro è dunque 100, 60+40), la CSU chiede di verificare la possibilità di prevedere altre forme di flessibilità; in sostanza, fermo restando il parametro 100, va considerata ad esempio l’ipotesi del collocamento in pensione con 61 anni di età e 39 contribuzione, o 62 di età e 38 di contribuzione, e così via.
Inoltre per il Sindacato va necessariamente precisato che questa possibilità (60 anni di età, 40 di contributi) va prevista solo per i lavoratori dipendenti che vantano la quasi totalità della vita contributiva nel Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti, e non per i lavoratori autonomi, per i quali l’età pensionabile è già da tempo a 65 anni.
Incentivi e disincentivi
Rispetto al tema dei disincentivi e incentivi, la CSU considera eccessivamente penalizzante la percentuale di riduzione annuale prevista per coloro che intendono collocarsi in pensione prima dei 65 anni e con almeno 35 anni di contributi. Infatti, il progetto del Governo prevede che in questi casi il trattamento pensionistico sia ridotto del 5% per ogni anno che manca ai 65 anni di età. Il Sindacato propone altre soluzioni, tendenti ad attenuare queste penalizzazioni.
Pensione minima
Circa l’adeguamento alla pensione minima, la CSU propone di fissare in 1.400 / 1.500 € (rispetto ai 1.000 € previsti dal Governo), l’importo annuo complessivo dei redditi diversi dalla pensione, oltre il quale non si ha diritto all’integrazione alla stessa pensione minima.
Squilibrio dei fondi
La CSU conferma la sua contrarietà verso la scelta del Governo di non affrontare in questo provvedimento aspetti come la determinazione del reddito minimo per i lavoratori autonomi, considerata la strutturale condizione deficitaria dei fondi di alcune categorie autonome. Quindi, tale progetto di legge lascia inalterato il grave squilibrio finanziario dei fondi pensionistici di commercianti e artigiani, che da anni grava sull’intera collettività.
Solidarietà tra pensionati e assicurati
Rispetto a diversi altri aspetti specifici che il Governo non ha voluto considerare, la CSU ha chiesto di inserire nella legge di riforma un apposito articolo programmatico, indicando i tempi attuativi per la realizzazione di tali aspetti, tra cui l’istituzione di un contributo improntato all’equità e alla solidarietà tra i pensionati e gli assicurati. Intervento, questo, che dovrà essere anch’esso progressivo, salvaguardando le pensioni più basse.
Previdenza e fisco
Infine, si è posto il problema delle risorse economiche necessarie per finanziare il sistema previdenziale, che chiamano direttamente in causa l’impianto fiscale del nostro paese, completamente inadeguato. La CSU rinnova pertanto la richiesta al Governo di attuare la riforma fiscale e un intervento organico sulle rendite catastali, per superare le ampie aree di elusione marcatamente presenti a San Marino, le quali sottraggono al bilancio dello Stato ingentissime risorse.