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Immigrazione, tra fobie e integrazione

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La crisi economica ha acuito la preoccupazione per gli effetti dell’immigrazione in Italia, in Europa e negli Stati Uniti, ma non in modo drammatico: gli immigrati non sono diventati i capri espiatori della crisi. Su entrambe le sponde dell’Atlantico, inoltre, un’ampia maggioranza continua ad essere favorevole a politiche attive per l’integrazione. Sono i principali risultati, un po’ a sorpresa, della seconda edizione del Transatlantic Trends sull’immigrazione, che, sulla base di un ampio sondaggio demoscopico, raccoglie gli orientamenti dell’opinione pubblica nell’America del Nord – Stati Uniti e Canada – e in alcuni paesi europei (Italia, Gran Bretagna, Francia, Germania, Olanda e Spagna). La ricerca è stata curata, tra gli altri, dal German Marshall Fund of the United States e dalla Compagnia di San Paolo di Torino.

Percezioni spropositate
L’Italia è il paese, tra quelli sondati, in cui la percezione del fenomeno migratorio è la più falsata: gli italiani credono infatti che il numero degli immigrati sia quasi quattro volte superiore a quello reale: 6,5% secondo l’Istat, 23% secondo gli intervistati. La preoccupazione per gli effetti dell’immigrazione è inoltre più alta nel nostro paese che in ogni altro, fatta eccezione per la Gran Bretagna, che ci supera di poco. Questo alto senso di insicurezza da un lato evidenzia una scarsa fiducia verso le politiche fino ad oggi adottate per affrontare il fenomeno, dall’altro è probabilmente conseguenza dell’alto livello di politicizzazione che caratterizza il dibattito sul problema, che ostacola sia la comprensione del fenomeno che l’individuazione degli strumenti per affrontarlo.

Come gli americani, gli italiani distinguono più nettamente degli altri europei tra immigrati legali e illegali, anche perché risultano i più preoccupati sia dell’immigrazione illegale che del suo impatto sui fenomeni criminali. Per esempio, il 77% degli italiani teme che i clandestini aumentino la criminalità contro il 31% dei francesi e una media europea del 61%. Il capillare radicamento della criminalità organizzata in alcune aree del paese rende più acuta che altrove la preoccupazione che gli immigrati illegali possano essere reclutati dalla malavita.

Più in media con gli altri paesi sondati (anche se comunque in crescita rispetto allo scorso anno) è la preoccupazione che gli immigrati possano portare via il posto di lavoro agli italiani, o determinare un abbassamento dei loro stipendi (per la maggiore disponibilità ad accettare impieghi a basso costo, se non in nero). Gli italiani risultano anche i più convinti (all’opposto, ad esempio, dei tedeschi o degli spagnoli) che la scarsa integrazione degli immigrati non dipenda tanto dalla loro mancanza di volontà, quanto dalle discriminazioni cui sono soggetti: un dato che dipende forse da una certa tendenza a guardare più alle responsabilità della società che a quelle individuali, ma probabilmente anche dalla percezione che le politiche contro la discriminazione attuate in Italia non siano particolarmente efficaci (e in effetti lo sono meno di quelle di altri paesi europei).

La richiesta di politiche più coraggiose
La maggioranza degli italiani (53%) non approva le politiche governative sull’immigrazione: se tedeschi e francesi risultano in media più soddisfatti, britannici e spagnoli, così come gli americani, sono ancora più critici degli italiani verso i rispettivi governi. Una maggioranza di intervistati, non solo in Italia, è invece favorevole a decidere la politica di immigrazione a livello europeo, in linea con gli altri paesi europei, ma non con la Gran Bretagna dove prevale nettamente l’idea che si tratti di materia che deve restare prerogativa nazionale.

La tradizionale inclinazione italiana all’integrazione riemerge più nettamente quando si guarda agli immigrati legali. Se le politiche “dure” contro l’immigrazione riscuotono il sostegno più basso d’Europa, a dispetto di alcuni accenti che si registrano nel dibattito politico nazionale, gli italiani risultano nettamente i più favorevoli – ben l’87% – al riconoscimento agli immigrati degli stessi diritti sociali dei cittadini. L’Italia emerge inoltre come uno dei paesi in cui è più ampio (53%) il favore per il riconoscimento del diritto di voto nelle elezioni locali agli immigrati legali. Quanto al riconoscimento degli stessi diritti politici agli immigrati legali, gli italiani sono in linea con la media europea.

Stabile rispetto allo scorso anno risulta il favore per un’immigrazione che abbia carattere permanente piuttosto che temporaneo: la permanenza è infatti percepita, anche se più in Europa che negli Stati Uniti, come maggiormente funzionale all’integrazione e alla non dispersione delle professionalità acquisite dal paese ospitante. Pur essendo aumentato di nove punti percentuali rispetto allo scorso anno, in Italia il sostegno alla messa in regola degli immigrati giunti senza permesso di soggiorno rimane tra i più bassi (36%), soprattutto rispetto ai tedeschi e francesi, più favorevoli alla legalizzazione. Insieme agli spagnoli, inoltre, gli italiani sono quelli che considerano l’aumento degli aiuti allo sviluppo nei paesi di provenienza uno strumento contro l’immigrazione di gran lunga più efficace delle politiche repressive (dal controllo delle frontiere alle sanzioni ai datori di lavoro).

Paura britannica, fermezza americana
Colpiscono i dati relativi alla Gran Bretagna, dove i timori per gli effetti dell’immigrazione si sono ulteriormente accentuati rispetto allo scorso anno: solo il 27% dei cittadini britannici è favorevole alla regolarizzazione degli immigrati clandestini, contro una media europea del 39%, e appena il 50% vuole che si concedano ai regolari gli stessi diritti d’accesso ai servizi pubblici (media europea: 72%). Alla crescente chiusura dell’opinione pubblica britannica sull’immigrazione (e non solo) ha contribuito non solo l’impatto della crisi – oltre Manica molto più forte che altrove – ma probabilmente anche la grave crisi politica che sta vivendo il paese con un governo ormai privo di consenso e prospettive da almeno un anno, ma destinato a rimanere in sella ancora per alcuni mesi.

L’atteggiamento degli americani non risulta invece molto diverso, nel complesso, da quello degli europei. Come in Europa, forte è la polarizzazione politica dell’opinione pubblica: l’immigrazione è considerata più un problema che un’opportunità dal 48% dei democratici, ma del 73% dei repubblicani. Così come abbastanza in linea con molti paesi europei è la critica verso le politiche governative. L’esigenza di nuove regole per governare il fenomeno migratorio è anzi sentita sempre più fortemente, dopo i ripetuti fallimenti del Congresso di legiferare in materia. Gli americani risultano però molto più favorevoli degli europei a misure più dure di contrasto all’immigrazione clandestina. In generale, più compatto è il sostegno a una politica del doppio binario: contenimento dell’immigrazione clandestina da un lato, nuovi e più incisivi strumenti di integrazione dall’altro. Un’impostazione che sembra riscuotere un crescente consenso anche in Europa.

Di Raffaello Matarazzo ricercatore dello Iai e caporedattore di AffarInternazionali.

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