La vita interna della CDLS in tale periodo si caratterizza per il superamento della designazione rigida dei dirigenti da parte dei partiti e delle componenti politiche fondatrici. Si inseriscono negli organi dirigenti elementi nuovi, formati nella vita sindacale di fabbrica ed educati alla scuola del cosiddetto “’68”. La loro carica dirompente ha fatto saltare ogni schema di collocazione tradizionale delle Confederazioni ed ogni schematico riferimento partitico. La carta vincente di questa trasformazione é stata la lotta interna per l’incompatibilità fra cariche sindacali e cariche politiche, comprese quelle consiliari. L’incompatibilità è scattata definitivamente con il III Congresso e con le elezioni politiche del 1974. L’autonomia del Sindacato è stata facilitata anche dalla Legge sulla quota sociale obbligatoria (1968) dei lavoratori. Un altro aspetto caratterizzante è stato la svolta di strategia: da un impegno principalmente incentrato sui contratti di lavoro e comunque sui problemi tipici del posto di lavoro, si è passati ad un’azione tesa ad aggredire i grandi problemi delle riforme per la difesa del lavoratore anche in quanto cittadino.Le grandi trasformazioni sociali hanno indubbiamente inciso sul modo di agire e di essere Sindacato nella società: in quale modo?
Quegli anni sono stati effettivamente anni di grandi trasformazioni sociali ed ideali. Il Sindacato era una struttura debole, ma aperta e quindi più adatta a recepire il rinnovamento. I partiti vennero a trovarsi spiazzati e lasciarono grandi vuoti di presenza nella società della “contestazione” ed il Sindacato si trovò quindi a coprire spazi certamente non suoi. A venti anni di distanza è facile fare analisi, ma in quel periodo una società nuova e più giusta sembrava veramente dietro l’angolo. Il vecchio Sindacato (come del resto ogni Organizzazione che non sia stata in grado di rinnovarsi tempestivamente) è stato travolto dalla prepotente voglia di partecipare, di rifiutare la delega, di rifiutare il verticismo. Molta parte di questa positiva tensione si è poi spenta, ma è rimasto il costume di una partecipazione sostanziale, il superamento delle Commissioni interne, sostituite dai Consigli di fabbrica, la costituzione delle Federazioni di categoria con vasti margini di vita autonoma. Strumenti di partecipazione assenti negli anni ‘60.
Giovanni Giardi, da cosa era determinata la preoccupazione, che si evince dallo stralcio di relazione al VI Congresso, per la vita interna della Confederazione?
Poco dopo il 5° Congresso si è avuto un radicale cambiamento del quadro politico. Inaspettatamente i partiti di sinistra hanno fatto il Governo e la Democrazia Cristiana è andata all’opposizione. Questo fatto ha avuto una profonda influenza sul Sindacato: la Democrazia Cristiana, che aveva sempre trascurato il Sindacato e lo accusava di velleitarismo, dall’opposizione pretendeva la rivoluzione contro ogni atto del Governo (scala mobile ai pensionati, imposte e tasse, aumenti ai Deputati, voto agli elettori esteri per le Giunte di Castello, etc…); i partiti di sinistra pretendevano un rapporto privilegiato e non capivano l’esercizio dell’autonomia da parte del Sindacato che, obiettivamente, mi sembra sia riuscito ad affermare nonostante le difficoltà. Difficoltà che erano anche interne al Sindacato in quanto le polemiche esterne da destra e da sinistra si ripercuotevano anche sugli iscritti e sui quadri del Sindacato, contemporaneamente anche iscritti ai partiti. Abbiamo avuto quadri sindacali democristiani che organizzavano i pensionati contro il Sindacato per un provvedimento che, resto convinto, era equo e quadri sindacali dei partiti di sinistra che si mobilitavano contro gli scioperi organizzati dal Sindacato. Pian piano la ragione ha sostanzialmente prevalso, ma il Sindacato si è venuto assestando su posizioni ridimensionate. E’ stato anche il periodo in cui ho cominciato ad avere personalmente dubbi sempre più profondi sulla compatibilità fra i valori, per cui avevo a suo tempo ritenuto giusto dedicare la mia vita al Sindacato, e le necessità pratiche di esercizio della dirigenza sindacale in quel periodo; dubbi che mi hanno portato entro pochi anni alla decisione di lasciare l’impegno a tempo pieno nel Sindacato.
Infine preghiamo Giovanni di fare una riflessione complessiva sul suo impegno sindacale visto che ne è stato protagonista fin dalla nascita della Confederazione.
Molti dei diritti che oggi i lavoratori più giovani danno per scontati erano ancora da conquistare e quindi sono testimone del lungo cammino di queste conquiste di cui la CDLS è stata certamente protagonista. Anche personalmente sono certo di aver dato un contributo importante per il ruolo che mi sono trovato a svolgere grazie alle vicissitudini della vita, ad una vocazione consapevole e alle occasioni offerte da questa grande esperienza che ha segnato tutta la mia vita che è stato il sindacato. Il sindacato ha aiutato il mondo del lavoro a crescere e i lavoratori hanno fatto crescere il sindacato. Assieme hanno cambiato anche il Paese forse ben più di ogni altra istanza rappresentativa della società civile. A volte mi viene da pensare al sindacato come ad una “creatura” di cui sento una parziale paternità. Infatti reagisco con sofferenza quando fa degli errori e quando viene attaccato. Per questo mi permetto un po’ di paternalismo e anche qualche ammonimento. Soprattutto ai giovani vorrei ricordare che ciò che loro sono oggi, il livello raggiunto di progresso, le condizioni di tutela ed il sistema di garanzie di cui possono usufruire, hanno le radici in questa storia politica e sindacale e nella faticosa e graduale costruzione di queste condizioni, costata alla generazione che li ha preceduti, lotte e sacrifici. Però i progressi di un popolo non sono mai così consolidati da non rischiare di svanire con molta facilità quando l’impegno ed i sacrifici per conquistarli non vengono trasmessi nel patrimonio culturale e nella coscienza profonda delle nuove generazioni. E oggi molte di queste garanzie sono messe in discussione. Il sindacato, invece di progettare nuovi livelli di progresso e nuove conquiste, è attestato a difendere le conquiste fatte per non arretrare o arretrare il meno possibile: in una contingenza negativa temporanea può anche capitare, ma attenzione a non mollare su tutta la linea e a non tornare ad un ruolo politicamente e socialmente subordinato. Sarebbe dura per le nuove generazioni.
In questo preciso momento storico, poi, il sindacato ed i lavoratori dovrebbero interrogarsi se non si giustifichi uno sforzo di analisi e di azione per capire dove sta andando il Paese. Non sembra anche all’analisi del sindacato che il Paese stia rischiando grosso con alcune scelte pericolose ed alcune derive incontrollate sul paino economico, finanziario e politico (vedi casa da gioco, operazioni finanziarie allegre, coinvolgimento in scandali dalle dimensioni enormi in rapporto a quelle del Paese, ecc)?
Facciano attenzione! Se il Paese sarà messo in ginocchio da queste scelte sbagliate, coloro che hanno speculato alle spalle di tutti se ne andranno coi loro soldi e nei guai resteranno i cittadini più deboli, certamente i lavoratori.