Domus Aurea, la cultura ha bisogno di soldi
La cultura non ha prezzo. Vero. Ma bisogno di stanziamenti decenti sì. Se questo discorso vale in tutto il mondo, in Italia – che si vanta di avere uno dei patrimoni culturali più consistenti al mondo -non si possono trovare scusanti per lo stato in cui versano alcuni dei gioielli che ci vengono invidiati in tutto il mondo. L’ennesima occasione per lanciare l’allarme si è avuta nei giorni scorsi con il cedimento di parti del tetto della Domus Aurea, la casa del “maledetto” Nerone.Subito è partita la solita rincorsa a promettere aiuti, fondi, interventi per poi indicare – il minuto dopo – come da tempo vi fossero situazioni non chiare su chi doveva intervenire per problematiche di infiltrazioni d’acqua (nello specifico oggetto erano le competenze e i limiti d’intervento tra Ministero dei Beni culturali e Comune di Roma) .
Certamente la Domus Aurea vedrà gli interventi che merita con azioni celeri e puntuali. Ma quante Domus Aurea vi sono sparse per l’Italia di cui non si viene a conoscenza? Quanto degrado vi è in alcune aree di grande interesse culturale (archeologico, ad esempio) che spesso e volentieri vengono denunciate in poche righe da qualche testata nazionale o locale? Non si possono chiedere miracoli a quanti operano in ambito beni culturali (senza dimenticare la musica e il teatro). In particolare per alcuni sovrintendenti e funzionari sarebbe necessario erigere un monumento per la loro dedizione e per la loro forza nel realizzare autentici “miracoli” pur in assenza di risorse.La cultura per l’Italia non è un di più. È parte vitale della nostra civiltà, del nostro portato di nazione inserita nel contesto mondiale ed ammirata in tutto il mondo. È – e può essere – il nostro motore economico più ancora della Fiat. Ma è guardata con sufficienza, come un orpello inutile o nella migliore delle ipotesi buono da sfoggiare solo in alcune occasioni.
Ma la cultura deve essere educata (a sua volta) e deve diventare strumento di educazione per tutti.Domus Aurea (come Pompei e altri luoghi unici che come Italia abbiamo la fortuna di possedere) meritano molto più di uno zero virgola del bilancio dello Stato. Non possiamo accettare che si continui a gridare “al lupo, al lupo!” senza concrete, reali azioni. Non bastano più proclami e promesse. Ci vogliono fatti. Soldi e investimenti. Investimenti reali che devono essere guidati nell’ottica richiesta da queste eccellenze. I nostri vicini francesi potrebbero insegnarci. Basterebbe tornare all’epoca di De Gaulle quando il suo ministro più in vista fu certamente il grande André Malraux che non a caso dorme tra i sommi del Pantheon. Attraverso la sua opera e il suo ingegno il Ministero della Cultura divenne quello strumento eccezionale, quel veicolo di promozione dell’intera nazione la cui opera venne portata avanti sotto Mitterand da un altrettanto ispirato Jack Lang.In questi giorni abbiamo pianto la morte di Alberto Ronchey. Un grande ministro della Cultura, sulla scia dell’indimenticato Giovanni Spadolini. Un uomo che seppe rilanciare quel Ministero, che seppe svecchiare i musei apportando miglioramenti e novità che non andarono a toccare la funzione di primari luoghi della cultura. È da augurarsi che l’Ingegnere (come lo chiamava Fortebraccio) da lassù ispiri l’opera quotidiana di chi è chiamato a dettare le linee per la politica di difesa del patrimonio culturale italiano. Impresa non da poco, che richiede tutta la massima dedizione e serietà. Giusto per evitare i soliti articoli denigratori cui siamo abituati all’estero.
Di Edoardo Caprino (Farefuturo-web)