Crisi?
Sul Titano gli indicatori economici sono positivi: imprese in crescita anche nel 2005. Ma c’è chi alimenta la strategia del lamento.
San Marino, 10 agosto 2005
Ma dov’è questa crisi? Gli indicatori economici parlano di disoccupazione in calo e di imprese in crescita. Eppure c’è chi parla di economia in ginocchio e accusa il sindacato.
I numeri che accompagnano la relazione programmatica sulla Finanziaria 2006 parlano chiaro: “Dopo una discontinuità registrata negli anni novanta, l’economia sammarinese è tornata a crescere in modo consistente. Per l’anno 2004 l’incremento del PIL oscilla fra il 4 e il 5%”.
Il dossier economico che la Segretaria di Stato per le Finanze ha consegnato al sindacato parla poi di una economia capace di creare occupazione: “Il buon andamento dell’occupazione trova conferma anche nelle rilevazioni dei primi mesi del 2005. In particolare a fine maggio si conferma la crescita occupazionale per oltre 616 unità (+ 3.5%)”.
Segno più anche sul fronte delle imprese. “Seppur manifestando segnali di difficoltà, come tutte le economie europee, l’argomento relativo alla localizzazione di nuove imprese a San Marino continua ad essere positivo. Nell’ultimo anno (2004) si registra infatti un incremento di 268 nuove imprese di cui oltre il 60% nel ramo servizi. Questi dati sono confermati anche nei primi mesi del 2005: a maggio le imprese sono aumentate del 2,5% e le società del 4,5%”.
Strategia del lamento.
Eppure in questi ultimi mesi, complice l’aspro braccio di ferro per il rinnovo contrattuale, i vertici dell’Associazione Industriali non hanno perso un’occasione per parlare di economia in ginocchio e di accusare il sindacato di aver irresponsabilmente alimentato un clima di forte conflittualità nonostante le difficoltà economiche delle imprese.
Per il vice segretario della CDLS, Luca Montanari, siamo di fronte a una “strategia del lamento” messa in atto dall’ANIS soprattutto dopo la firma del contratto industria: “ Ma la crisi più preoccupante del nostro sistema economico – afferma – è in realtà la scarsa qualità delle relazioni industriali”.
E il punto più basso di queste relazioni è stato toccato quando l’Assoindustria ha tentato di addossare i costi della conflittualità sociale solo sulle spalle del sindacato. “Blocchi e scioperi sono costati alle imprese 3 milioni di euro”, ha tuonato il segretario dell’ANIS a contratto chiuso.
Lacrime di coccodrillo.
“La conflittualità sociale è sempre frutto di uno scontro fra le parti, non si litiga mai da soli”, è stata la replica di Montanari. “Gli scioperi sono stati l’effetto di una causa precisa, ovvero l’assoluta indisponibilità dell’Associazione Industriali a trovare insieme soluzioni per arginare il dilagante fenomeno della precarietà. Al tavolo della trattativa il sindacato non ha mai negato l’esigenza di flessibilità avanzato dalle imprese, ha posto semmai il problema di governare e regolare questa necessità. Ma per mesi la risposta dell’ANIS è stata sempre e comunque un netto rifiuto al confronto. Una linea fatta di diktat e provocazioni, come il licenziamento di due delegati sindacali. Una continua strategia al rialzo sulle ore di flessibilità obbligatoria e la cancellazione delle festività, il tutto accompagnato dalla pretesa di cancellare dal tavolo contrattuale il nodo dei diritti per spostarlo su quello della riforma del lavoro”.
Buoni e cattivi.
“Troppo facile e ipocrita – ha sottolineato il dirigente della CDLS – addossare solo al sindacato il prezzo della conflittualità e poi dipingere una economia in crisi. La vera crisi che ha di fronte il nostro sistema economico, considerando che gli indicatori economici ci dicono che nel 2004 e nei primi mesi del 2005 le imprese sono cresciute ed è aumentata l’occupazione, è per la verità la qualità piuttosto misera delle relazioni industriali, oramai ridotta al giochino dei buoni (gli industriali) e cattivi (i sindacalisti)”.
E il prossimo banco di prova per “misurare” lo stato delle relazioni industriali è rappresentato dal confronto sulla riforma del lavoro: riforma approdata in prima lettura sui banchi del Consiglio.