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Crisi di sistema con regista occulto

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Un Paese abituato agli scandali sembra cedere sotto il peso di una lista. Forse neppure l’ingegner Anemone immaginava, mentre compilava l’elenco dei suoi clienti, che stava scrivendo la parola fine sulla carriera di tanta gente, sulla rispettabilità di altri, sulla pace o la guerra fra corpi dello Stato, sulla vita di un governo.

 Le domande si intrecciano con i sospetti e prevale l’impressione che siamo appena agli inizi di una brutta storia che cambierà la vita pubblica. L’Italia che conta, non tutta ma buona parte, è in quella raccolta di nomi. Come in altre occasioni vi sono coinvolte persone ignare, altre che hanno usufruito delle prestazioni di Anemone pagandone i servigi, altri ancora che si giovano di appartamenti di servizio la cui manutenzione spetta ai ministeri, infine la folla dei privilegiati che si sono avvantaggiati della relazione con l’imprenditore.

Il giallo della lista comincia con il suo autore. Chi è Anemone? Qualche giorno fa in tv Luisa Todini, che è a capo degli imprenditori europei che si occupano di infrastrutture, ha sostenuto di non averne mai sentito il nome prima dello scoppio dello scandalo. Eppure grazie alle amicizie giuste, in pochissimi anni, Anemone ha costruito un impero. Ha lavorato con ministeri importanti, si è dato da fare per facilitare la vita di molti potenti, si è messo al servizio di altri per piccole riparazioni che nelle famiglie normali generalmente si fanno svolgere a piccole aziende familiari piene di lavoranti rumeni. Se non fosse scoppiato lo scandalo nessuno si sarebbe mai chiesto chi diavolo fosse questo giovane ingegnere che scorazzava con i suoi muratori per le vie più chic della capitale.

Non se l’è chiesto neppure la Guardia di finanza che gli ha sequestrato questo singolare elenco durante una vista fiscale per accertarne il reddito e la sua fedeltà di contribuente. Per più di un anno, si dice, nella cassaforte delle Fiamme gialle è stato lasciato riposare questo lungo indice di clienti di alto bordo senza che nessun finanziere si ponesse alcune domande o si rivolgesse al magistrato per indagare su questa concentrazione di favori. Eppure se Anemone era uno sconosciuto per il largo pubblico non era certo persona ignota nei palazzi del potere visto che ne curava la manutenzione. Il nome di Anemone viene fuori appena si affaccia lo scandalo delle grandi opere e da qui parte la seconda parte del film che abbiamo appena iniziato a vedere. Il cast è affollato. Vi sono politici, imprenditori, uomini dello spettacolo, alti funzionari anche delle forze di sicurezza. Manca finora l’individuazione del regista e l’happy end. Procediamo con ordine.

Il finale di questa storia sembra già scritto. Lo scandalo travolgerà probabilmente alcuni ministri o gente vicina al Governo. Forse l’intero esecutivo e la legislatura. Berlusconi per la prima volta dal ’92 è tornato a vestire i panni del giustizialista. Si racconta che poco prima delle dimissioni di Scajola si fosse fatto un po’ di conti sui prezzi degli appartamenti nella zona attorno al Colosseo e avesse concluso che il ministro era indifendibile. Da qui la svolta. Il Cavaliere colpevolista è uno strano ritorno della politica italiana.

Berlusconi ha capito che attorno al suo governo si sono concentrati personaggi stile Prima Repubblica che dalla vita pubblica tendevano a ricevere solo vantaggi. Vantaggi, peraltro, fra i più odiati da quella larga parte di popolazione e di lettori di destra che vive come problema il mutuo da pagare e dell’abitazione da ristrutturare. Come in tutte le situazioni in cui c’è il primato dell’uomo forte, anche questa volta il capo si interroga sulla sua intendenza e non vuole farsi travolgere dagli errori e dalle ruberie dei collaboratori infedeli. Tocca così a Berlusconi lo strano compito di voler cacciare i mercanti dal suo tempio.

Ma in queste ore il sospetto è ben altro. C’è una zona oscura nella vicenda della lista Anemome che toglie il sonno all’inquilino di Palazzo Grazioli e sollecita la fantasia di noi cronisti. Berlusconi avverte nello scoppio di questa nuova vicenda di malaffare la presenza di una “entità esterna” che non sa come definire. Questa volta non può chiamare in causa i magistrati. Ieri i pm hanno reso noto di aver saputo della lista dai giornali. Ufficialmente sull’elenco di Anemone e persino sulla casa di Scajola non c’è alcuna iniziativa giudiziaria. La notitia criminis parte dai luoghi in cui la lista era stata secretata e da lì arriva direttamente ai giornali. Fra i nomi citati vi sono quelli del capo e dell’ex capo della polizia e dell’attuale vicecapo dell’Aise. Di Manganelli si sa che non ha usufruito dei servigi di Anemone, De Gennaro lo ha regolarmente pagato, Nicola Cavaliere vive in un appartamento di servizio la cui manutenzione spetta al ministero. Chi ha avuto interesse a dare in pasto all’opinione pubblica i loro nomi? Siamo di fronte a un ennesimo capitolo della rivalità fra corpi dello Stato? Fra vecchi e nuovi capi dei servizi? Fra polizia e Guardia di finanza?

Altri interrogativi vengono dal lato politico di questo “affaire”. L’intera vicenda dei grandi appalti, cioè di un sistema di spesa a piè di lista sostanzialmente incontrollabile, di cui Balducci e Anemone erano gli anelli più forti, rimanda a Bertolaso e Letta, nel senso di Gianni. C’è un coté politico romano che viene chiamato in causa dallo scoppio della scandalo e che fa tremare il Governo ben più della scoperta nella lista di qualche altro ministro arraffone. La caccia è al doppio regista. A quello che ha messo su questa costruzione di potere che ha portato alla dilapidazione di tanto denaro pubblico e a quello che si sta impegnando a smontare questa macchina perversa. E tutto accade nel polveroso mondo del centrodestra. In mezzo ci sono la politica, gli apparati e gli affari. Quando pezzi dello Stato si fanno la guerra fra di loro e settori della maggioranza di governo vogliono distruggere i propri nemici interni generalmente siamo alla vigilia di una crisi di sistema.

Di Peppino Caldarola (Il Riformista)