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Cercasi sicurezza per i fondi pensione.

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Sta per esplodere qualche altra bolla? Che cosa ci dobbiamo aspettare? Sarà importante e urgente capire gli effetti della crisi finanziaria della Grecia e di altri stati europei sull’assetto del risparmio e della finanza e ovviamente sul risparmio previdenziale. Ma il 2010 dovrebbe essere un anno di svolta per la previdenza complementare perché il pericolo dei crack finanziari sembra passato, ma altre bolle e bollicine si profilano all’orizzonte. D’altra parte molti sono i problemi ancora aperti e molto c’è da fare per rendere il sistema più protetto rispetto ai repentini cambiamenti di umore dei mercati finanziari internazionali. E molto c’è da fare ancora per estendere la “platea” dei lavoratori che possono beneficiare effettivamente della cosiddetta “seconda gamba” previdenziale.

La crisi del 2008 aveva creato molta tensione all’interno del mondo della previdenza complementare e tutti i gestori dei fondi si sono mobilitati per rispondere alla bufera finanziaria. Così nel 2009 i fondi pensione – in particolare i fondi negoziali – sono riusciti a recuperare le pesanti perdite subite con la crisi dei subprime (come dimostrano i dati che pubblichiamo in queste pagine), mentre si sviluppava un dibattito sulla urgenza di introdurre modifiche e cambiamenti in favore dei lavoratori e dei risparmiatori. Poi però, nel corso dei mesi, quella tensione positiva all’innovazione si è progressivamente affievolita e ora tra gli addetti ai lavori sembra circolare un’aria di scampato pericolo. “Questo atteggiamento non va bene e non ci piace – commenta però Morena Piccinini, segretaria confederale della Cgil – di fronte alla crisi si era avviata una riflessione importante sulle modalità di investimento dei fondi pensione. Si era cominciato a discutere della necessità di introdurre innovazioni per rendere più sicuro lo strumento finanziario utilizzato per costruire la pensione integrativa. Poi abbiamo verificato il rallentamento di questa ricerca. Si è diffusa la sensazione che il peggio fosse passato definitivamente e che visto che il sistema aveva sostanzialmente retto, anche l’urgenza di intervenire potesse essere messa nel cassetto. Io non penso che questo ragionamento sia saggio, proprio perché abbiamo da affrontare ancora molti problemi strutturali e anche perché l’anno che è appena cominciato potrebbe essere di nuovo molto turbolento dal punto di vista dell’andamento dei mercati: la prima cosa da fare dunque – parlo in particolare per tutti quei lavoratori che sono vicini alla pensione – è mettersi al sicuro”.

Guardando la situazione internazionale, spiega ancora Morena Piccinini, risulta molto chiara la distanza esistente tra l’andamento della finanza e l’economia reale. L’instabilità la fa ancora da padrona. Basti pensare al recente caso della Grecia e a quello spagnolo. I mercati finanziari continuano a non rispecchiare l’economia reale e ora anche lo stato delle finanze pubbliche di alcuni paesi diviene causa di nuove instabilità. La situazione non è affatto tranquilla, neppure sul piano finanziario. Per non parlare degli effetti sociali della crisi che sono in pieno corso.

“La seconda cosa da fare – dice la segretaria confederale della Cgil che da anni si occupa di previdenza e di fondi pensione – è quindi relativa agli aggiustamenti necessari da mettere in campo per ridurre il più possibile l’esposizione al rischio delle pensioni integrative. Un discorso che si lega a un ripensamento complessivo del sistema previdenziale italiano, così come abbiamo spiegato con il nostro convegno sulla previdenza del 3 dicembre scorso”. Ed è anche evidente che bisogna riflettere con urgenza sulle dinamiche e i fenomeni interni al mondo della previdenza complementare italiana. A partire dal livello delle adesioni e dalle dinamiche dei rendimenti e delle performance reali dei singoli fondi. Un tema importante riguarda per esempio proprio la dinamica delle adesioni. Guardando i dati più aggiornati della Covip (la Commissione di vigilanza), colpisce la sostanziale staticità dei fondi pensione negoziali e al contrario la forte accelerazione delle adesioni a strumenti più individuali, come le polizze assicurative. Le adesioni ai fondi pensione negoziali sono stabili o con il segno negativo, mentre le Pip (polizze individuali previdenziali) e in misura minore i fondi aperti pare abbiamo cominciato a correre. Che cosa succede? Come si spiega questo strano fenomeno?

La dinamica lenta delle adesioni ai fondi pensione negoziali – ci risponde Piccinini – risente di fenomeni sociali complessi perché da una parte esiste ancora la difficoltà di coinvolgere i lavoratori delle realtà più piccole e meno strutturate, ma dall’altra si fanno evidenti i segni della crisi. Ci risulta infatti un aumento dei riscatti e della richiesta delle anticipazioni. Questo vuol dire che ci sono lavoratori che avendo perso il lavoro o subendo gli effetti della cassa integrazione sono stati costretti a chiedere il riscatto dei loro risparmi previdenziali. Hanno utilizzato i soldi del fondo pensione per rispondere all’emergenza. Il fondo pensione è vissuto anche come un ammortizzatore
sociale in tempi di crisi. “È ovvio che siamo di fronte a un bel problema. I lavoratori che hanno chiedono anticipazioni o addirittura il riscatto delle loro posizioni previdenziali possono avere almeno una zattera di emergenza, ma nei fatti rinunciano così alla loro pensione. Tra l’altro c’è qualcuno che propone di eliminare questa possibilità di riscatto o di anticipo per preservare il risparmio previdenziale, ma noi siamo contrari a questa posizione troppo rigida. Caso mai si tratta della ennesima dimostrazione della insufficienza del sistema degli ammortizzatori sociali italiani”.

Il secondo fenomeno che incide sulla dinamica delle adesioni ai fondi pensione negoziali non riguarda gli aspetti sociali della crisi, ma gli elementi di concorrenza e conflittualità interni al sistema. “Ci risultano vari casi – rivela ancora Morena Piccinini – di lavoratori che hanno dato la disdetta al loro fondo pensione e hanno aperto posizioni previdenziali individuali. È il frutto di un vero e proprio arrembaggio attuato dagli agenti delle compagnie di assicurazioni che sono stati sguinzagliati in questi mesi nelle aziende”. Invece di andare a pescare nel grande bacino dei lavoratori dipendenti e autonomi che non hanno ancora una previdenza complementare, gli agenti assicurativi e i promotori finanziari sono andati a pescare nelle aziende e negli enti, facendo spostare moltissimi lavoratori con l’abbaglio dei maggiori rendimenti. “Spesso i lavoratori – dice la sindacalista – sono suggestionati dalle promesse delle assicurazioni che parlano di rendimenti favolosi molto superiori a quelli offerti dai fondi pensione. In realtà – nella maggior parte dei casi – i contratti complessi nascondo i trabocchetti dei costi per le commissioni. Ed è così che non si frenano i trasferimenti. Per questo noi insistiamo sulla trasparenza e sulla informazione completa. Il paese di Bengodi non esiste”.

L’altro grande problema riguarda infine la dimensione dei fondi e la dimensione delle aziende. Molti imprenditori continuano infatti a giocare sporco per utilizzare a loro vantaggio il Tfr dei lavoratori. E ci sono anche casi di fondi negoziali troppo piccoli per reggere. Una delle questioni che torna di attualità, dunque, è quella dell’accorpamento di fondi pensione per creare strutture più forti e in grado di abbattere meglio i costi.

Ecco intanto come vanno le adesioni
La crisi finanziaria del 2008 ha avuto effetti anche sull’andamento delle adesioni al sistema della previdenza complementare italiana. Mentre le adesioni ai fondi pensione contrattuali hanno continuato a crescere con una dinamica abbastanza normale, ovvero rispettando il trend degli anni passati (maggiori adesioni nelle grandi aziende e nei grandi gruppi industriali, bassa partecipazione e adesione nelle piccole e piccolissime imprese e tra i giovani), hanno avuto un andamento particolare le adesioni alle forme di previdenza complementare private, siano esse i fondi pensione aperti, sia soprattutto le polizze vendute dalle compagnie di assicurazione.

I dati più recenti forniti dalla Covip, la Commissione di vigilanza sulla previdenza complementare illustrano con chiarezza il trend, anche se bisogna stare attenti agli effetti distorsivi delle percentuali statistiche che spesso (se non rapportate ai dati assoluti) rischiano di ingigantire i fenomeni. Fatta questa premessa è comunque interessante (e per certi versi preoccupante) notare che mentre i fondi pensione negoziali hanno più o meno tenuto e forse hanno perso in percentuale iscritti rapportando i dati 2009 con quelli del 2008, risultano al contrario in netta crescita i cosiddetti Pip nuovi, ovvero le polizze individuali nuove. I fondi negoziali subiscono una leggera caduta (tra lo 0,1 e lo 0,2%) nel periodo considerato, mentre i Pip fanno registrare una crescita sostenuta (sempre in termini percentuali e quindi non assoluti) che ha sfiorato negli ultimi mesi il 28%. In crescita anche i fondi pensione aperti che fanno registrare un più 1,2% e un più 2,8%.

Di Paolo Andruccioli (Rassegna.it)

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