14° Congresso Confederale CDLS: relazione del Segretario generale marco Tura – Prima parte
Buonasera a tutti.
Grazie Signor Presidente.
Mi sia permesso di rivolgere con stima e rispetto un sentito ringraziamento alle Au-torità della nostra Repubblica, che partecipano alla serata di apertura del 14° Con-gresso Confederale della CDLS e di indirizzare con piacere un affettuoso benvenuto a tutti gli ospiti stranieri e alle delegazioni presenti.
Volgo un caloroso abbraccio a tutti voi, delegate e delegati di questa assise congressuale e indirizzo un cordiale saluto a tutti coloro che a qualsiasi titolo sono qui presenti questa sera.
Credo che non si possa iniziare questo Congresso senza manifestare la nostra grati-tudine a colui che per un ventennio è stato il timoniere della CDLS e quindi vi chiedo un caloroso applauso per il nostro Presidente ed amico Marco Beccari.
Quando ho iniziato questa avventura, circa quindici mesi fa, subentrando a Marco nel ruolo di segretario generale della CDLS, ho dichiarato che il mio compito era quello di coordinare le intelligenze presenti nella nostra Confederazione.
Sapevo che il potenziale di intelletto, di esperienza e di disponibilità era ed è di prim’ordine, non solo nell’ambito dei funzionari sindacali, ma anche in quello dei collaboratori a tutti i livelli, a partire dai rappresentanti sindacali, che svolgono quo-tidianamente una preziosissima opera nei luoghi di lavoro. Tutto ciò ha facilitato no-tevolmente il mio compito.
L’obiettivo, che a quel tempo mi ponevo, era particolarmente audace: dare un deci-so contributo al cambiamento della mentalità che da molti anni sembrava stagnare nel mondo sindacale, e quindi anche nella CDLS; mentalità che proponeva ai nostri iscritti antichi strumenti di contrattazione, ormai obsoleti e radicati nei preconcetti. Oggi è possibile rilevare che alcuni progressi sono stati compiuti, tuttavia rimane an-cora qualcosa da fare, ma siamo sulla strada giusta per dare altri significativi contri-buti in tempi brevi.
La sostituzione di uno storico segretario generale di per sé rappresentava per me un durissimo banco di prova, dovuto all’inevitabile confronto col predecessore. Se a questo si aggiunge che la stessa è avvenuta in un momento di straordinaria difficoltà, causata dalla eccezionale crisi finanziaria, che ha messo in ginocchio le economie di tutto il mondo e che a San Marino ha evidenziato anche una crisi strutturale, l’in-carico che stavo assumendo si presentava alquanto arduo.
Ricordo che il 3 dicembre 2010, data della mia nomina, era già stato dichiarato uno sciopero generale (14 dicembre 2010) per protestare contro la legge di bilancio che, pur non trovando il consenso dei lavoratori e di gran parte dei cittadini, fu approvata senza alcun confronto concreto tra Governo e parti sociali.
In quella occasione imparai la mia prima lezione da segretario generale: quando ti rendi conto che le circostanze impongono a chi governa di prendere decisioni non gradite, è opportuno evitare di porsi in un atteggiamento di muro contro muro; con-viene, piuttosto, concordare soluzioni, anche parziali, che siano utili per le strategie future.
Facendo tesoro di siffatta lezione, all’interno della CSU abbiamo colto quanto e-spresso da quel provvedimento in merito ai tempi di una futura riforma tributaria ed abbiamo iniziato un intenso lavoro su tale progetto. Molti di voi ricorderanno che il documento di proposta della CSU fu sostenuto da uno sciopero generale (26 maggio 2011), svolto peraltro in forma inconsueta; quello fu un primo segnale del cambia-mento, ispiratore della nostra azione sindacale. I principi, da noi espressi in quel contesto, sono stati accolti in gran parte dal Segretario di Stato alle Finanze e dal suo staff, e questo si può ritenere il primo risultato del nuovo corso.
L’inizio del mio mandato è stato caratterizzato da un intenso lavoro, svolto in con-certo con la CSdL, che ringrazio sinceramente per aver dato prova di grande pazien-za e disponibilità nei miei confronti. Non che la cosa mi avesse a quel tempo sorpre-so, poiché i nostri compagni di viaggio appartengono, come noi, ad un sindacato na-to nei posti di lavoro e per una esigenza espressa dai lavoratori, a prescindere da qualsiasi ambiguo riconoscimento giuridico; gente che ha l’esperienza e la prepara-zione giusta per affrontare i problemi del mondo del lavoro.
L’irrompere della crisi ha ulteriormente accresciuto la consapevolezza che l’unità di azione tra CDLS e CSdL è una necessità sociale e insieme politica. Oggi il movimento sindacale ha una grande responsabilità di fronte ai lavoratori in questa stagione così segnata da difficoltà.
Con in terzo sindacato è bene chiarire che non esistono astratte pregiudiziali di na-tura politica, tuttavia a tre anni dalla loro nascita aspettiamo ancora di conoscere, insieme al loro profilo programmatico e progettuale, la loro reale rappresentanza nel mondo del lavoro. Aspettiamo…
Ho visto la CDLS crescere giorno dopo giorno, grazie alla valorizzazione delle nume-rosissime idee che scaturivano dal confronto franco e leale tra tutti i funzionari a tempo pieno.
Ognuno con la propria singolarità, mettendosi in discussione tutte le volte senza esi-tare. Essi hanno dimostrato spirito di servizio e senso di abnegazione nel periodo in cui era più facile scaricare le responsabilità su altri soggetti piuttosto che assumersi precisi impegni.
Questo gioco di squadra, nonostante le chiusure aziendali e un drastico calo occupa-zionale, ha permesso alla Confederazione Democratica di raggiungere il traguardo dei 7.000 iscritti. Ciò significa un aumento di oltre il 10% rispetto all’ultimo Congres-so, numeri di tutto rispetto, poiché anche gli iscritti attivi, cioè i lavoratori, passano da 3.200 del 2008 agli attuali 3.411, che corrisponde ad un tasso di sindacalizzazione del 18%.
Per questo motivo intendo ringraziare pubblicamente i 13 funzionari che operano nelle Federazioni, i 3 funzionari che lavorano in Confederazione, i responsabili della Fondazione Solidarietà e dell’ASDICO, l’addetto stampa e le preziosissime segretarie della CDLS; ma un ringraziamento particolare ho il piacere di indirizzarlo a colui che ha dedicato praticamente una vita alla causa dei lavoratori, applicandosi con grande attenzione e saggezza: sto parlando dell’amico Maurizio Giardi, che da pochi mesi ha preferito la pensione alle tensioni del nostro lavoro; anche per lui vi chiedo un calo-roso applauso.
Care delegate, cari delegati,
Stiamo navigando a vista dentro un cambiamento epocale. Il terremoto finanziario esploso nel 2008 negli Stati Uniti ha messo in crisi l’economia globale: chiudono le fabbriche, crollano i consumi, la disoccupazione dilaga, torna lo spettro inflazione, i debiti sovrani esplodono.
La finanza mondiale rapace e senza regole è diventata una vera e propria industria, che ha addirittura messo in discussione la struttura stessa del capitalismo come era-vamo abituati a conoscerlo e come si è sviluppato nell’economia reale del secolo scorso.
In questi tre anni abbiamo assistito ad un susseguirsi di formule e ricette che non hanno però indicato la via d’uscita da questa crisi senza precedenti.
L’unica cosa certa è che tutto il mondo occidentale si è drammaticamente impoveri-to, sia economicamente che socialmente, con l’inedito fenomeno che il peso della recessione è pagato anche dal ceto medio produttivo, oltre che dai soliti noti: lavo-ratori dipendenti e pensionati.
La tempesta ha investito anche San Marino, con l’aggravante che alla frenata dell’economia reale dovuta alla recessione internazionale si è sommata la paralisi politico diplomatica con l’Italia. In particolare l’irrisolta questione della black-list pesa come un macigno sull’operatività delle nostre imprese e soffoca qualsiasi strategia di sviluppo e di investimento.
In un contesto internazionale in cui i debiti sovrani sono cresciuti oltre ogni misura, gli Stati impongono restrizioni alla fuga di capitali e il contrasto a qualsiasi zona d‘ombra nelle relazioni economiche. E’ quindi del tutto evidente che la vecchia San Marino dell’anonimato societario e del segreto bancario è entrata in rotta di colli-sione con i nuovi standard di trasparenza e legalità decisi dalla comunità internazio-nale. Si è così innescata da parte delle istituzioni una corsa contro il tempo per ade-guare la Repubblica a questi standard. E’ stato fatto un intenso lavoro, ed oggi mi pare che la questione si ponga meno in termini di produzione di leggi, quanto piut-tosto di una loro effettiva applicazione.
La nostra reputazione e la nostra credibilità si conquistano con prassi virtuose consolidate nel tempo.
Questo scossone ha messo a nudo le contraddizioni e le fragilità del nostro sistema. Pensiamo solo al fatto che pochi anni fa in molti teorizzavano la trasformazione della Repubblica in piazza finanziaria, mandando in soffitta l’economia reale. Il risultato è stato quello di creare un sistema bancario senza basi né regole e oggi, fra commissa-riamenti, irregolarità e inchieste, mostra tutta la sua drammatica fragilità.
Anche il recente rapporto stilato dagli esperti del Fondo Monetario Internazionale ha evidenziato preoccupanti criticità in vari comparti economici del nostro Paese ed ha stigmatizzato, per l’ennesima volta, la carenza di dati statistici e la mancanza di dati macroeconomici aggiornati e trasparenti.
Le nuove normative ed il calo delle attività hanno provocato un forte ridimensiona-mento del settore finanziario, che ha visto dimezzare il numero delle società e, con-seguentemente, anche il numero degli addetti. I maggiori e più approfonditi controlli effettuati dalla Banca Centrale, unitamente ai commissariamenti disposti a carico di alcune società, hanno contribuito a portare alla luce situazioni preoccupanti. Ritengo sia indispensabile proseguire nel percorso virtuoso della trasparenza e del rispetto delle norme, intensificando le verifiche e migliorando il coordinamento tra i vari organismi che presiedono alla vigilanza ed ai controlli.
Il settore bancario è stato interessato da un forte deflusso di depositi (in larga parte determinato dallo scudo fiscale italiano del 2009/2010) che ha comportato un rile-vante deterioramento della liquidità. Inoltre, a causa della crisi economica e delle note problematiche riguardarti il settore edilizio, le sofferenze bancarie nel corso dell’ultimo anno sono più che raddoppiate. La diretta conseguenza di tutto questo è stata una stretta creditizia, che sta penalizzando le imprese sammarinesi che, come sappiamo, si trovano ad operare in un contesto economico preoccupante, anche a causa delle vulnerabilità derivanti dalla mancanza degli accordi con la vicina Italia.
Condivido quanto affermato dagli esperti del Fondo Monetario riguardo alla necessi-tà di rilanciare il settore bancario e finanziario cercando di individuare un vantaggio competitivo internazionale; i progetti di sviluppo dovranno necessariamente passare attraverso la normalizzazione dei rapporti con l’Italia e la sottoscrizione di un nume-ro sempre maggiore di accordi internazionali.
L’internazionalizzazione del settore finanziario sammarinese dovrà prevedere per-corsi formativi per gli addetti del settore e, nel medio termine, potrà certamente aumentare le opportunità di impiego per le giovani generazioni.
Dobbiamo collocare il sistema finanziario in un progetto globale che salvaguardi la nostra vocazione storica: quella di un Paese che è notevolmente cresciuto lungo le direttrici di un’economia mista. Ciò significa che il modello attuale ha una sua intrin-seca solidità, che però va rafforzata e modernizzata.
Il settore turistico e commerciale, che rappresenta il 15% del PIL, ha ancora grandi potenzialità inespresse, soprattutto dopo il riconoscimento dell’UNESCO della nostra unicità rappresentata da territorio, paesaggio, storia, istituzioni. In questo comparto le possibilità di intraprendere sono reali e vantaggiose, manca però un coraggioso piano strategico capace di attirare investimenti.
L’Industria e i servizi, che oggi valgono circa la metà dell’intera ricchezza prodotta nel Paese, scontano una pesante difficoltà legata alle incertezze dei rapporti bilate-rali e della crisi dei mercati internazionali. Il rilancio competitivo poggia su due parole chiave: innovazione e ricerca. In questa direzione il progetto del Parco tecnologico può rappresentare una spinta significativa per la riqualificazione dell’intero sistema di imprese industriali e di servizio e può attirare nuovi investimenti.
La fragilità del nostro sistema ha messo in luce anche i limiti degli organi di controllo, del quadro legislativo e dell’azione giudiziaria; al punto che negli ultimi mesi si è sve-lato un aspetto tanto inatteso quanto grave: l’infiltrazione della criminalità organizzata in alcuni settori della nostra economia.
Le inchieste in corso aprono scenari allarmanti che impongono scelte immediate: alle istituzioni il dovere di contrastare questo fenomeno con normative efficaci e idonei e severi controlli; alla società civile il compito di promuovere una rinnovata cultura della legalità e della trasparenza. Su questo inquietante fenomeno chiacchiere, strumentalizzazioni e demagogia sono davvero inopportune e dannose; alla denun-cia devono seguire scelte, impegni, scadenze e fatti.
Senza nessuna pretesa di sostituirmi ad esperti e istituzioni, mi limito ad indicare al-cune soluzioni che sono già argomenti di dibattito, anzi alcune di queste già inserite in un pacchetto di leggi che mi auguro arrivino in tempi rapidi all’approvazione con-siliare:
• istituire un Ufficio inquirente all’interno del Tribunale che possa contare su un’organizzazione efficiente in termini di potenziamento delle funzioni inve-stigative e l’uso di strumenti tecnologici oggi vietati;
• adeguare il Codice di Procedura Penale per inserire norme antimafia e quindi i reati specifici;
• potenziare i livelli di collaborazione con gli organi inquirenti italiani, e l’accordo sottoscritto poche settimane fa a Roma con il Ministro degli Interni è certamente la strada giusta;
• qualificare le relazioni internazionali nel contrasto del crimine organizzato;
• promuovere un progetto di formazione a tutti i livelli per conoscere in pro-fondità le modalità di infiltrazioni malavitose nel tessuto economico; è fon-damentale infatti rendersi conto che si ha davanti la mafia dei colletti bianchi e non quella della coppola e della lupara. La conoscenza del fenomeno e la prevenzione diventano armi indispensabili per contrastare e impedire il dif-fondersi in Repubblica della malavita.